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Anno edizione: 2009
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Deve averci trovato gusto Sting, se a distanza di circa due anni torna nuovamente in sala di incisione per la mitica Deutsche Grammophone. E ci torna, secondo me, con un risultato veramente brillante. Disco dal profumo volutamente invernale, di cui l’immagine di copertina, appunto, ci suggerisce già molto. Disco del quale è facile cogliere la raffinatezza e il gusto, come quello dimostrato ad esempio nella scelta del repertorio così audace nella ricerca di melodie dal sapore antico arricchite, con qualche lieve “spruzzatina” qua e là, di sonorità più moderne. Tutto il disco sembra aleggiare in una dimensione sospesa del tempo, tra inverni lontani, perduti nel profondo nord inglese dove a farci luce e a tenerci compagnia sono proprio le tracce di questo bellissimo disco. Sting si mostra, un po’ come aveva già fatto nel disco precedente, ancora di più nella veste di cantante che non in quella di musicista, apparentemente proteso alla ricerca di un suo personale registro vocale. Come dire nuove o più semplicemente diverse capacità di estendere la voce, più baritonale che tenorile e, debitamente proporzionato all’artista, per certi aspetti dall’incedere più lirico. Gli fanno da sfondo temi musicali di grande suggestione permeati da un delicato spirito religioso in piena sintonia con il Natale appena passato. Prestazione complessiva dell’ensemble di musicisti e coro di altissimo livello, sia in termini puramente strumentali che vocali, il tutto eseguito in chiave rigorosamente acustica. Insomma un percorso, quello suggerito da Sting, certamente lontano dalle sue precedenti esperienze (mi riferisco al periodo ’80-‘90), che però ci rivela di lui un carattere più intimo, più spirituale appunto, con un gusto ricercato nell’espressione vocale. Disco di cui consiglio un ascolto scevro da qualsiasi pregiudizio, soprattutto per i “seguaci” più intransigenti, lasciando che sia la voce dell’artista inglese ad accompagnare l’ascolto che mi auguro vi sappia emozionare come ha saputo fare con me.
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