Si parla e si scrive tanto di musica, ma quanti oggi sono ancora disposti a spendere denaro per un cd o un 33 giri? Di conseguenza, soprattutto: che fine fanno i negozi di dischi? Attivo nel mercato discografico da tantissimi anni, l’autore ci porta con sé in un tour di decine e decine di rivendite del Regno Unito che ancora sopravvivono alla crisi del settore. In ogni tappa incontriamo negozianti o commessi – con cui Jones intrattiene rapporti lavorativi e di amicizia – che con le loro storie contribuiscono a un resoconto corale, interessante, spesso “preoccupante”, delle condizioni in cui versano le realtà indipendenti che ancora resistono al potere schiacciante delle grosse catene di vendita, ipermercati e affini, con la loro offerta musicale a buon prezzo ma necessariamente omologata. Un testo pieno di aneddoti curiosi, e talvolta illuminanti, sull’industria discografica e su ciò che ruotava e ruota ancora intorno alla gestione di un negozio di dischi. Senza tralasciare la trattazione degli incredibili e “artigianali” intrallazzi dell’industria discografica per dominare le hit-parade, uno degli aspetti più interessanti del libro, e, con i racconti dei negozianti di dischi alle prese con la bizzarria di alcuni avventori, altro punto di forza dell’opera. Saltando dagli anni Ottanta ai nostri giorni, la lettura è vivacizzata da racconti divertenti di cui sono protagonisti artisti di primo piano: le maniere scortesi di Van Morrison, cliente villano; Billy Bragg che assiste all’indifferenza degli avventori di un negozio in cui stanno suonando il suo esordio discografico fresco di stampa; Ian Curtis dei Joy Division, appassionato di musica che i dischi se li comprava in una rivendita di fiducia. Non mancano riferimenti anche a pezzi da novanta quali Jimi Hendrix, Beatles, Led Zeppelin, David Bowie, Sex Pistols, John Peel.
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