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E’ indubbio che l’attuale pandemia abbia colpito all’improvviso la popolazione del pianeta, con una scia di morti soprattutto fra le persone anziane, più deboli fisicamente, ma anche spesso vittime di una selezione forzata che ha indotto i medici, in assenza di adeguate strutture di terapia intensiva, a privilegiare i più giovani per le maggiori aspettative di vita, ma anche per i minori costi. Fra i vecchi c’è stata quindi una vera e propria ecatombe e Ferdinando Camon, che giovane di certo non è essendo nato nel 1935, è insorto, un po’ per tutelare chi come lui potrebbe rientrare fra i perdenti della selezione, un po’, anzi soprattutto, per rivendicare il diritto alla vita indipendentemente dall’età. Ha scritto così questo libriccino (ha solo 92 pagine), che non ha per fortuna le caratteristiche di un pamphlet, ma è il frutto di osservazione dei comportamenti umani in epoca di Covid 19. In un certo senso e in scala ridotta si riallaccia al suo riuscito Tenebre su tenebre, perché l’esame da un punto di vista dell’analisi del comportamento umano è precisa e anche tagliente. Infatti é veemente la sua difesa della vita di una persona anziana, che non è assolutamente detto che vegeti dopo gli ottant’anni, ma che ancora ha il piacere di esistere e che può dare tanto all’umanità. Il tema e lo sviluppo però vanno ben oltre gli effetti del morbo e la falcidia dei vecchi e così in queste pagine si ripercorrono i giorni della pandemia dall’epoca in cui si decise la chiusura pressochè totale a quella della riapertura, con osservazioni e riflessioni per nulla scontate. Se puntuali sono le disamine dei provvedimenti, spesso gli effetti sono descritti con una punta di ironia che, senza nulla togliere all’efficacia di quanto deciso, ne smussa l’indispensabile carattere imperativo. E così inevitabili sono i fenomeni di chi cerca di evitare la forzata clausura, dalla donna che portava a spasso la tartaruga ai cani costretti a uscire più volte al giorno, oltre il necessario. Un paragrafo a parte, questa volta dolente, è poi dedicato ai medici e ai sacerdoti morti nell’adempimento delle loro funzioni, spesso appellati come eroi, ma non come quelli di un tempo che cadevano combattendo, perché questi di oggi vengono a mancare lavorando, insomma un eroismo occasionale del militare contrapposto a quello continuativo del personale sanitario. Eppure per questi che umilmente rischiano ogni giorno non ci sono medaglie, né ricompense, come se il loro fosse un atto dovuto e anche rimetterci la vita rientrasse nello loro normali funzioni. E infine, pur nella difesa della vita, Camon ha un occhio di riguardo per chi muore, per quelli (erano tanti, circa 500 al giorno) che si sono spenti nel loro letto di dolore senza il conforto della presenza dei familiari, impossibilitati addirittura a vedere il loro congiunto da defunto. La resurrezione, perché così può essere chiamata, cioè la fine della reclusione in casa, apre lo spiraglio a nuove speranze, ma il riaffacciarsi al mondo esterno dell’anziano non solo non è scevro da rischi, ma talvolta presenta anche degli inconvenienti. Ritrovare gli amici è come ricominciare a dove ci si era fermati prima, ma in questa strage all’appello manca sempre qualcuno, della cui scomparsa ci si accorge solo ora, il che rende triste la ripresa e fa capire quanto labile sia l’esistenza, ritornando nuovamente il pensiero a quel morbo che ancora è ben presente. Graffia questo libro ed è bene che sia così, perché, in questi frangenti, agli anziani non resta che una protesta tanto più sterile quanto più urlata; se invece si toccano i punti chiave, le storture, le magagne, le manchevolezze, ironizzando, si raggiunge lo scopo che è quello di ricordare che l’amore per la vita non ha età.
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