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Nuovi racconti romani - Alberto Moravia - copertina
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Nuovi racconti romani
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Nuovi racconti romani - Alberto Moravia - copertina
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Descrizione


I "Nuovi racconti romani" di Alberto Moravia sono stati scritti tra il 1954 e il 1959 e costituiscono la naturale continuazione del discorso avviato con i precedenti "Racconti romani", considerati dalla critica centrali nella produzione moraviana. Anche nei "Nuovi racconti romani" il mito proletario influisce non soltanto sulla visione del mondo, ma anche sulla scrittura che è leggermente "romanesca" come appunto il linguaggio corrente di Roma che non è più affatto dialettale come ai tempi dei Belli, ma appena velato da un superstite accento locale. La vastissima compagine di questi racconti, una vera e propria commedia umana, può apparire anche come una puntigliosa verifica della disfatta che insidia i propositi della vita.
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Dettagli

2018
Tascabile
5 settembre 2018
592 p., Brossura
9788845298790

Valutazioni e recensioni

GIOVANNA BIANCO
Recensioni: 0/5

Questi bei racconti di Moravia si sono rivelati,per me che non amo i racconti,una bella sorpresa.E davvero,come le ciliege uno tira l'altro!Tutte storie brevi brevi,narrate in prima persona da personaggi che provengono dal sottoproletariato e dalla piccola borghesia romana,che vivono un po' tutti di espedienti e si arrangiano come possono in modi spesso poco leciti.Ma Moravia ce li descrive,fa in modo che essi ci si presentino,sempre con sincerità,coi loro pregi e i loro difetti,senza esprimere giudizi sui loro comportamenti e lasciando a noi lettori tale compito. Questo libro mi ha riportato a Pasolini,ai suoi "Ragazzi di vita",anche se in Moravia l'uso del dialetto romanesco è molto relativo e limitato al "modo di dire",e il popolo delle borgate appare un po' più ripulito rispetto a quello crudo e feroce descritto da Pasolini.Un consiglio?Se vi piace l'uno,provate a leggere l'altro.

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Alberto Moravia

1907, Roma

Alberto Moravia esordì giovanissimo pubblicando, a sue spese, il primo romanzo, Gli indifferenti (1929). Penetrante e spietato ritratto della borghesia italiana agli inizi del fascismo, l’opera rivelò immediatamente, nella incisività di una prosa secca e analitica, la maturità di uno scrittore capace fin da allora di far tesoro delle diverse lezioni dei grandi modelli europei, dalla oggettività di De Foe alla problematicità dei romanzieri russi (specie Dostoevskij), al realismo tipologico dei francesi dell’Ottocento. Il romanzo, accolto con ostilità dalla cultura fascista che ne proibì la diffusione, fu salutato con entusiasmo solo da pochi critici accorti (Borgese, Pancrazi, Solmi).M. cominciò poi a collaborare a riviste...

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