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La proposta di un 'pensiero debole' non ha cessato di produrre effetti, reazioni e polemiche anche al di fuori del campo filosofico. Se ne è discusso parecchio in Italia e l'interesse si è poi diffuso in altri paesi, sollevando una scia di interrogativi. Questo libro tenta di rispondere ad alcuni di tali interrogativi avanzando una ipotesi. Il pudore di cui gli autori hanno l'elogio è il pudore della teoria: insistendo sulla tonalità 'etica' del pensiero debole viene messa in luce la "tentazione di dire la verità" che affligge da sempre la filosofia e che continua a produrre effetti autoritari ed esiti contraddittori.
L'indebolimento della filosofia, esigenza ormai molto visibile in buona parte del pensiero contemporaneo, è già di per sé stessa una curvatura etica: ha a che fare con la trasformazione del 'linguaggio' filosofico e con la 'responsabilità politica' del filosofo.
Il libro è articolato in due parti e in una breve appendice di materiali. Nella prima parte il tema è direttamente il pudore: Heidegger, Husserl e con loro un orizzonte non secondario della scena filosofica contemporanea sono convocati a favore dell'indebolimento del pensiero. Nella seconda parte il tema è la verità: si tratta di descrivere la tentazione del pensiero forte e qui l'esempio è proprio il "caso Heidegger". Lo stile di pensiero che gli autori vogliono indicare è infatti messo alla prova del più inquietante scritto filosofico del nostro secolo, quel 'Discorso' con cui Heidegger inaugurò nel 1933, in sintonia con il nazismo, il suo breve Rettorato. Ognuna delle due parti è preceduta da un 'Excursus' in cui vengono passati in rassegna e interpretati i fraintendimenti cui il pensiero debole ha dato luogo in questi anni.
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