In un piccolo paesino di montagna, cristallizzato in un'epoca in cui gli uomini si spaccano la schiena nel lavoro in una cava di pietra e a casa spaccano la schiena di mogli e figlie assoggettate a loro, arriva uno straniero che "gira le pietre di un muretto e gira le teste delle ragazze". L'arrivo di uno spiraglio su un mondo diverso, pieno di libertà e opportunità che fa tremare le fondamenta di questa piccola comunità, dove gli uomini si vedono sfuggire di mano le figlie, future mogli sottomesse degli uomini di domani. Lo straniero che è venuto per capire le condizioni in cui versa la cava, fonte primaria di sostentamento degli abitanti del paese, diventa la dinamite che rischia di far crollare tutto un mondo che "non necessita di alcun cambiamento" perché tutto è perfetto in quel paese in cui "siamo vissuti dal giorno in cui siamo nati". Un romanzo d'esordio che è già un capolavoro, l'allegoria di una generazione incattivita che vede nel cambiamento le basi di un disastro che è da imputare solo a se stessa e che essa stessa aggrava proprio in virtù della presenza dello straniero, da sempre catalizzatore e capro espiatorio ideale su cui sfogare la rabbia di una società scontenta.
Siamo vissuti qui dal giorno in cui siamo nati
Villaggio di montagna che vive di estrazione di calcare. Arriva uno straniero. In silenzio, lo straniero volta le pietre che stanno in cima al muro della piazza. In silenzio, lo straniero innesca la rivolta. È stato incaricato dal proprietario della cava di verificarne la produttività. Ma la cava è esaurita, il villaggio è condannato. L'orologio della stazione ticchetta. Un incidente, poi scompare una ragazza. La ritrovano nel bosco, cadavere stuprato. Sguardi sospettosi, sguardi minacciosi, lo straniero diventa il capro che deve espiare tutte le colpe di tutte le generazioni: quella dei padri padroni violenti; quella delle nonne e delle madri che l'hanno sempre accettato; quella delle figlie che madri ancora non sono ma inesorabilmente lo diventeranno. A meno che il treno non scenda finalmente verso valle, verso le città del mondo, verso un altro destino. Siamo vissuti qui dal giorno in cui siamo nati è la fiaba nera di una storia eterna, la storia della ferinità umana che si dà un ordine e poi è ferinità lo stesso, mascherata da società civile, col suo teatrino delle apparenze da salvare e le regole che fanno bene solo a chi comanda. È la storia dell'asfissiante brutalità fisica e psicologica del villaggio in cui tutti viviamo, resa da una polifonia di voci di ragazze, uomini e animali che si intrecciano e creano un rarefatto e doloroso canto universale. È la storia di uno spaziotempo indivisibile, infrangibile, monolitico, contro cui l'essere può solo schiantarsi - o da cui, al più, fuggire per esplorare l'alterità, assecondare la voglia di conoscenza, la speranza che non cessa.
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Anno edizione:2018
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Lusio 03 novembre 2021Quella gran paura del cambiamento
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