La casa della nostalgia

La sensazione che mi ha lasciato la lettura di questo libro è un vago e spiacevole senso di malessere, di disagio. Forse è quello stesso che sente il protagonista Max : essere nato in un paese, parlare la lingua di quel paese, sentirsi figlio di quel paese e alla fine scoprire che non è così. Lì in quella casa, a lungo sospirata dalla madre, per riavere la quale lui ha ampiamente lottato, ecco è venuto a mancare qualcosa: gli manca quel senso di appartenenza . Troppo atavico è il pregiudizio cristiano nei confronti del popolo ebraico, per poter d’un colpo scomparire! Molto spesso nella gente c’è una rimozione dei ricordi ma anche una particolare diffidenza, che certe volte diventa palpabile. Questa riconciliazione dunque è difficile, come è difficile riallacciare i fili del tempo che si sono spezzati, trascinando con sé persone e cose un tempo tanto amate. Max riuscirà a coronare il sogno della madre Mira e a mantenere la promessa che le aveva fatto ma, come il paese e la comunità dove è nato e dove ritorna, anche la casa per lui rimane estranea. Le persone che incontra e con le quali allaccerà dei rapporti hanno anche loro qualcosa di incompleto, il loro passato ma anche il loro presente vanno rivisitati e ricostruiti. Meglio alla fine, prima che ne manchi il tempo, tornare là , dove gli amici ti chiamano per nome e non per cognome!!