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Fogazzaro riversa nell’opera la sensibilità ombrosa e decadente di interprete tra i più acuti della crisi dei valori etici e civili che avevano sorretto la borghesia italiana nel processo di formazione dello stato unitario, insieme ai turbamenti dell’intellettuale cattolico che si confronta con il sentimento del peccato e dell’assenza di Dio.
«L'oggetto di Malombra è il male: l'attrazione che esso esercita, l'istinto di morte, il "cupio dissolvi", il gorgo, l'abisso in cui la coscienza si annulla, la fatalità, il destino inteso cattolicamente come negazione o insufficienza della grazia. È il problema del male; ma un problema che non ha soluzione: alla maniera stessa che "I Malavoglia" sono il problema del dolore.» (dall'introduzione di Luigi Baldacci)
La giovane Marina di Malombra, donna irrequieta e incline all’esaltazione morbosa, ritrova nella villa dello zio una ciocca di capelli e un breve scritto di una sua antenata morta tragicamente, e si convince di esserne la reincarnazione. Da questo spunto, che asseconda il gusto dell’autore e dell’epoca per l’occulto e il soprannaturale, si dipana l’esordio narrativo di Fogazzaro pubblicato nel 1881 alle soglie dei quarant’anni. Considerato il capolavoro del romanzo gotico in Italia, Malombra ruota attorno al male e al suo fascino misterioso: l’attrazione che esso esercita è all’origine della sensualità perversa e del cupio dissolvi sia della protagonista sia del suo spasimante, Corrado Silla, trascinato via via nel folle delirio di Marina.L'articolo è stato aggiunto al carrello
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