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Arrivederci a Berlino est è uno di quei romanzi che ti rimane nel cuore. Inizi ad affezionarti ai suoi personaggi fin dall'incipit, e non si fa neanche fatica ad immaginarli, perché pagina dopo pagina, ti sembra di conoscerli, di intravedere le loro peculiarità fisiche, di vivere con loro il batticuore per una situazione inaspettata, la dolcezza di un abbraccio, l'attesa di un incontro... Ed è proprio quando hai imparato a riconoscere la razionalità ed accettazione del mondo del Titta, l'esuberanza di Malvina, la freschezza di Hellen, l'"italianità" di Pasquale che l'autore cambia le carte in tavola e stravolge ogni aspettativa. Le descrizioni dettagliate ma mai pedanti dei luoghi del romanzo ti proiettano per le strade di Berlino, ti fanno sentire gli odori, percepire i rumori…poi ti ritrovi nel tumulto dell'invasione sovietica di Praga del '68, nelle deserte campagne di Bilishti nel '43 durante un attacco dei partigiani albanesi, o nell'artificiosa Roma globalizzata del dopoguerra. Impari ad amare e capire i personaggi anche quando le loro scelte di vita sono difficili da accettare, perché dettate dal dramma della guerra, quella guerra troppo difficile da tollerare e comprendere per dei giovani ventenni: dove o vivi o muori, dove non esistono più legami familiari né amicizie. Filone portante del romanzo è la musica, che viene vissuta come ragione di vita e di ribellione ma anche come simulacro di ricordi ed emozioni. Arrivederci a Berlino est si legge tutto d'un fiato, perché non si potrebbe fare altrimenti, e poi, leggendo l'ultima pagina ci si commuove, un po' come quando finisce un amore.
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