(Milano 1512 ca - Venezia 1555 ca) scrittore italiano. Tradusse l’Utopia di T. Moro, cui s’ispirò per un Commentario delle più notabili et mostruose cose d’Italia (1548), che firmò Anonymo di Utopia. Un moralismo eterodosso d’ascendenza erasmiana caratterizza la sua attività di poligrafo, testimoniata da scritti estrosi e satirici in latino e in volgare, come i dialoghi Cicero relegatus et Cicero revocatus (1534), i famosi Paradossi (1543), che coniugano ironicamente assurdo e consenquenzialità logica, e i Sermoni funebri de varii autori nella morte de diversi animali (1548). Nel suo inquieto intellettualismo, comune ad altri poligrafi del tempo (Franco, Doni), L. esprime motivi di insoddisfazione non strettamente culturale. Il suo bizzarro criticismo maschera spesso un’esigenza di rinnovamento religioso e sociale che in età controriformistica era destinata a restare inappagata.