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L’America si è accorta di Barack Obama il 27 luglio 2004 quando, ancora giovane senatore dello stato dell’Illinois, gli venne concesso l’insperato onore di essere Keynote Speaker alla Convention Democratica che annunciava la candidatura di Kerry alla presidenza degli Stati Uniti. Sappiamo oggi che quella sfida finì con una seconda presidenza Bush e forse allora nessuno avrebbe scommesso sulla possibilità che, alla sfida successiva, nel 2008, Obama diventasse il primo presidente afro-americano degli Stati Uniti. Già allora però, da quella prima apparizione emergevano con evidenza due fattori, che sarebbero stati determinanti, se non decisivi, per la vittoria democratica nel 2008: Obama aveva il dono di una comunicazione empatica con il pubblico, non solo con i “suoi” democratici, ma con una fetta molto più vasta di americani; le radici del suo messaggio si riallacciavano all’ecumenismo dei Padri Fondatori degli Stati Uniti: tornare ad essere un popolo unito, superando gli opposti integralismi generati non solo da pregiudizi di razza, ideologia e religione, ma anche dall’acuirsi, di fronte alle difficoltà della globalizzazione, del divario fra “fondamentalisti” repubblicani e democratici. "Alla fine questo è il significato di queste elezioni. Partecipiamo alla politica del cinismo o alla politica della speranza?... Non parlo di cieco ottimismo – quell’ignoranza quasi deliberata che ritiene che la disoccupazione se ne andrà se solo non ci pensiamo, o che la crisi del sistema sanitario si risolverà se solo la ignoriamo. Non parlo di questo. Parlo di qualcosa di più sostanziale. E’ la speranza degli schiavi che intorno al fuoco cantano canzoni di libertà; la speranza degli immigrati che salpano per lidi lontani…la speranza di un ragazzino magro con un nome strano che crede che in America ci sia un posto anche per lui. Speranza- Speranza di fronte alle difficoltà. Speranza di fronte all’incertezza. L’audacia della speranza!" Nel 2006 queste parole diventano la sostanza del suo libro: Obama esorta gli Stati Uniti a riappropriarsi del Sogno Americano come obiettivo egalitario in un'America in cui le disuguaglianze di reddito sono sempre più esasperate, in cui la classe dirigente non è più in grado di esprimere valori convincenti e una moralità che vada al di là delle apparenze (tutti fenomeni che la crisi del 2008 avrebbe reso inaccettabili anche a molti repubblicani). Il libro ha un impianto didascalico (ognuno dei nove capitoli affronta un tema specifico: dai valori alla carta costituzionale, dalla fede alla razza), ma con molte incursioni di tipo personale che alleggeriscono la lettura e ci fanno capire l’uomo. C’è non poca auto-ironia nel racconto di quando Obama , tutto fiero, telefona a Michelle per spiegarle al telefono i dettagli della "sua" prima legge passata al Senato, e la moglie lo interrrompe con "Honey, abbiamo le formiche in casa…compra le trappole per formiche quando rientri”. Oppure il primo incontro con il Presidente Bush: Obama gli stringe la mano e George W. si volta verso un inserviente che gliela disinfetta con una bella dose di gel antisettico. “Ne vuole un po’?” dice il Presidente “ Funziona contro il raffreddore”. Gli aspetti che mi hanno colpito di più non sono tanto i dettagli autobiografici di una giovinezza molto inusuale per un americano – il padre keniota, una madre bianca liberal e antropologa, il trasferimento in Indonesia e poi alle Hawaii – dettagli già riportati dallo stesso Obama in un libro precedente, Sogni da mio padre - quanto le prese di posizione politiche apparentemente contraddittorie rispetto all’immagine liberal che abbiamo di lui: l’apprezzamento misurato della politica di Reagan sul welfare; il rifiuto della pena di morte, giustificato non tanto perché lo stato non dovrebbe macchiarsi di un crimine quanto perchè non dovrebbe rischiare di uccidere un innocente; una visione non acritica della comunità afro-americana. In sostanza, emerge la volontà tutta obamiana di prendere in considerazione le argomentazioni degli “altri”, indipendentemente dalle ideologie, purchè tali argomentazioni non siano esse stesse fondate su ideologie. Il fine ultimo è ovviamente il compromesso, il raggiungimento di un consenso il più universale possibile per far muovere le cose (e mantenersi in sella). E questo non solo in politica interna ma anche in politica estera, dove Obama non mette in discussione il ruolo globale degli Stati Uniti, ma lo fonda sul prerequisito del multilateralismo. Con questo libro scritto in un linguaggio semplice, chiaro e gradevole , Obama ha fatto conoscere agli americani e al mondo il suo personale modo di comportarsi da Presidente degli Stati Uniti, due anni prima di essere eletto. Se siamo di quelli per cui il bianco è bianco ed il nero è nero, non dovremo quindi stupirci se fra qualche tempo, e su alcuni fronti, probabilmente ci piacerà di meno e non ci sembrerà sempre all’altezza delle nostre aspettative. Ma è davvero consolante sentire un uomo – già potente quando scriveva – che non si nasconde le amare verità amare della politica: "Passavo sempre più tempo (nella campagna 2004 per il Senato. NdT) con persone abbienti – partner di studi legali, investment banker, manager di hedge fund, di società di venture capital. Di regola erano persone intelligenti, interessanti, conoscevano le politiche del governo, erano liberal nell’ideologia e non si aspettavano altro che essere ascoltati in cambio dei loro assegni. Ma riflettevano inequivocabilmente le prospettive della loro classe: quell’ 1 percento al top della scala di reddito che può permettersi di firmare un assegno da 2.000 dollari al candidato politico…. so che per effetto del mio fund-raising diventavo sempre più simile ai ricchi donatori che conoscevo, nel senso molto particolare che passavo sempre più del mio tempo sopra la mischia, fuori del mondo, fatto di fame quotidiana, delusione, paura, irrazionalità e durezza, popolato dall’altro 99 per cento della popolazione…. I problemi delle persone normali…diventano un’ eco distante anziché una realtà palpabile, astrazioni da gestire, piuttosto che battaglie da vincere." vera (www.panchinedimilano.com)
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