Letto a più riprese, cosa che di solito non faccio, ma questo è un libro che parla soprattutto di guerra e di quello che rimane in chi la guerra la fa. Quindi un libro già di per sé faticoso per l’argomento e anche per come è scritto. Infatti è a metà tra la poesia(“le stelle spolverano i soldati mentre corrono al riparo”) e la prosa (B.T. di mestiere è poeta <link rimosso>; il racconto è fatto in prima persona (giusto nell’originale il sottotitolo A memoir, oltre che poeta è stato anche soldato, figlio e nipote di soldati); la sua guerra è quella in Iraq, ma poi ci sono la I e la II guerra mondiale, la Guerra di Secessione Americana, la battaglia di Waterloo del 1815, il Vietnam, la Corea, la Yugoslavia e forse anche altre. E’ un libro a tinte forti che mi ha ricordato le sensazioni provate guardando American Sniper di Clint Eastwood e Taking Chance con Kevin Bacon (<link rimosso>) . Non avevo credo mai letto un libro di guerra, a parte Addio alle armi che però considero un libro d’amore; qualche difficoltà nel vocabolario usato in quanto, soprattutto all’inizio , sovente si fa riferimento a parole tecniche di armi, di tattiche militari. Non si scende mai nel pietismo, alcune “scene” sono particolarmente dure e crude. Non c’è un filo conduttore, una storia che inizia e finisce. E’ come se Turner ci desse tanti flash e poi sta a noi decidere se farne una storia o tante storie. Non credo che sia un libro apertamente contro la guerra ma la descrizione di come si cambia durante e dopo. Due passaggi: ” ….guerrieri vietnamiti, secoli fa, di ritorno al villaggio dopo una battaglia. I loro familiari e gli amici si avviano verso di loro. Ai guerrieri non è concesso di far ritorno al villaggio finchè il rituale non è completo, finchè i loro cari li incontrano nella giungla per lavare via dai corpi tutto ciò che la guerra ha lasciato loro addosso”. “Forse il punto non tanto che è difficile tornare a casa, quanto che a casa non c’è spazop èper tutto quello che devo portarci. L’America, smisurata ed estesa da un oceano all’altro, non ha abbastanza spazio per contenere la guerra che ognuno dei suoi soldati porta a casa. E anche se ne avesse, non vorrebbe”. Molta musica, che però non conoscevo e aspetto che la NNeditore pubblichi la songbook anche per questo libro. Non ci sono i numeri di pagina, ma solo 136 capitoli più un finale non numerato. E anche solo per queste ultime due parti, vale la pena leggere il libro.
La mia vita è un paese straniero
Nel 2003 il sergente Brian Turner è a capo di un convoglio di soldati nel deserto iracheno. Dieci anni dopo, a casa, accanto alla moglie addormentata ha una visione: come un drone sulla mappa del mondo, sorvola Bosnia e Vietnam, Iraq, Europa e Cambogia. Figlio e nipote di soldati, le sue esperienze si fondono con quelle del padre e del nonno, con i giochi da bambino e le vite degli amici caduti in battaglia. Così, tutti i conflitti si dispiegano sotto di lui in un unico, immenso, territorio di guerra e violenza. Nel 2003 il sergente Brian Turner diventa un poeta e quando, dieci anni dopo, la visione torna nella sue notti insonni, grazie alla poesia riesce a raccontarla così da accettarne la memoria - una memoria tanto grande che l'America non basterebbe a contenerla, e che sfrega l'anima fino a scorticarla. Liberata la nostalgia, la compassione e il desiderio di verità, "La mia vita è un paese straniero" racconta in diretta le azioni, le esercitazioni, i vuoti e i rumori, la paura e il coraggio, la tragedia e la gioia dei ritorni. E riconnettendo vita e poesia, orrore e morte, riesce a dire della guerra le parole che mancano, quelle capaci di riallacciare il filo del senso a quello del silenzio.
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Traduttore:
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Anno edizione:2016
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
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Barbara PAVESIO BENEYTON 25 novembre 2016
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