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Anno edizione: 2020
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A volte, proprio di fronte a quello specchio, mi metto a urlare perché mi sento come un ubriaco che, passata la sbronza, si sveglia al mattino ricoperto di sangue. Senza riuscire a ricordare che cosa sia capitato prima. Guardo quella ragazza allo specchio e le urlo: “Che cosa ti sei fatta?” L’ultimo capitolo del libro, contenendo queste parole, risulta inquietante come un thriller psicologico. Ebbene lo è. Abbiamo una vittima e un assassino metaforici. Sono la stessa persona. L’autrice Silvia. Per anni si è torturata e tormentata, uccisa emozionalmente e sentimentalmente a causa della malattia che ha sviluppato prima nella sua anima e poi nel suo corpo: L’anorresia. Questo genere di malattie sono latenti e vengono letteralmente covate dal nostro subconscio prima di esplodere in tutta la loro gravità. Silvia ha voluto essere troppo forte per troppo tempo, ragazza sognatrice e creativa assisteva quotidianamente a lotte e guerriglie che in cuor suo rigettava: Padre e madre scontrosi tra loro, sorella aggressiva, partner inadeguati. Disarmonie che la spingevano a ricercare la perfezione in tutto ciò che faceva, diceva, pensava per non deludere e non deludersi. Una pressione che in adolescenza porta a cercare una valvola di sfogo, a fuggire, ma spesso scappando si incontra la strada/soluzione erronea: che sia droga, autolesionismo, ossessioni o come in questo caso patologie. Silvia dopo essersi autocondannata per anni si è voluta dare una seconda chance, opportunità che sta riuscendo a sperimentare vivendo una realtà lontana dal clall’ atmosfera dove la malattia ha avuto origine. In una città bella e magica, Firenze, la immaginiamo camminare a sguardo dritto, non ingobbita su 40 chili ma su un corpo sano e normopeso.
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