Le prime frasi del libro:
Introduzione
A volte capita che l'idea che hai in testa, la storia a cui stai pensando da un po' e che è arrivata al punto che se non la scriviti intossica come un veleno e ti fa male, finalmente esca, prenda corpo, e si fermi quasi subito, sviluppata armonicamente in tutte le sue parti e bella, ma non come un albero, piuttosto come un bonsai. Capita a volte che il respiro della storia che racconti sia breve, intenso, ritmato ed efficace, giusto come deve essere, ma non come nella maratona, piuttosto come nei cento metri piani, e che personaggi, azioni, dialoghi, descrizioni, concetti, emozioni, stile, abbiano più senso se espressi con la sintesi e la concentrazione del racconto.
Ci sono scrittori che fanno solo questo, che scrivono soltanto racconti, perché quella è la loro dimensione, ed è una dimensione bellissima, pensate a Raymond Carver. Ci sono altri scrittori che invece sono scrittori di romanzi, ma ogni tanto, quando capita, quando viene, scrivono racconti.
Io appartengo a questa razza, quella dei romanzieri. Però ogni tanto succede che invece di una foresta, o anche soltanto di un albero, la storia che sto scrivendo diventi un bonsai. A volte succede semplicemente perché è giusto che sia cosi, e a volte lo faccio apposta, perché voglio sperimentare un'idea, una tecnica o uno stile, e mi sembra venga meglio con un racconto, che si può osservare da vicino con un unico colpo d'occhio, come una miniatura. Non è che sia più facile che con un romanzo, non è neanche più breve, dal punto di vista dello sforzo narrativo. Proprio perché le cose sono tutte li, allo scoperto e vicinissime una all'altra, non ti puoi permettere bluff o distrazioni. Bisogna scolpire e rifinire ogni parola, cercarla bene, centellinarla, bisogna far risaltare subito tutti gli elementi della storia, subito, perché il tempo è poco, ma allo stesso tempo si può provare a giocare con una struttura inusuale, con uno stile più sperimentale, ragionevolmente certi che difficilmente finiranno per stancare. E si possono utilizzare al massimo livello di impatto gli strumenti dell'ironia e della suspense, come un colpo rapido e violento, che arriva all'improvviso, e anche concentrare un messaggio e un'intenzione, che salteranno fuori subito, evidenti e quasi nudi, con minori mediazioni che nello spazio diluito di un romanzo.
Spesso succede che i racconti vengano chiesti. Giornali, riviste, editori, associazioni, perfino enti locali e ditte farmaceutiche. Un amico scrittore sta curando un'antologia a tema, qualunque tema, dal rapporto col cellulare all'horror sovrannaturale al Capodanno, e chiede un racconto. Una rivista vuole testimoniare l'esistenza di un movimento letterario, o semplicemente di un gruppo o una tendenza, e chiede un racconto. Un giornale vuole stampare un inserto estivo e chiede un racconto da leggersi sotto l'ombrellone. Una scuola ha bandito un concorso tra gli studenti e vorrebbe un racconto da mettere in testa agli altri perché cosi è più facile trovare i soldi per la pubblicazione. Molte volte sono richieste ben precise, sul numero delle pagine e sulle battute, sul tema, sulle limitazioni, soprattutto, che ogni tanto sfiorano l'assurdo. Un racconto per la rivista di una compagnia aerea, di quelle che si trovano in aeroporto, che sia un noir ma che non comunichi tensione ai passeggeri, non parli di bombe sugli aerei, dirottamenti, omicidi nei terminal, neanche ritardi nei voli o bagagli persi.
A volte non è possibile, e allora, per quanto affascinante sia il confronto con un limite da aggirare, bisogna dire di no. Altre volte non viene proprio in mente niente, e anche allora bisognerebbe dire di no, perché per quanto qualunque autore con un po' di tecnica e un minimo di fantasia potrebbe scrivere qualunque cosa, non verrà mai fuori un granché.
A volte, invece, funziona, e allora non si tratta più di una
richiesta, ma di una suggestione, uno stimolo a battere una strada nuova, a indirizzare il pensiero in un posto che non conosci ma che sai che esiste, come se qualcuno ti avesse suggerito una scorciatoia e presala avessi scoperto che porta a un'altra strada, che finisce in una piazza, sconosciuta e bellissima.
Alla fine, nonostante sia uno scrittore di romanzi, di racconti ne ho scritti tanti anch'io. Cercando di metterli assieme tutti ne sono saltati fuori centododici, e qualcun altro ancora ce ne sarà, nascosto da qualche parte. Di questi, alcuni non mi dicevano pli nulla o erano troppo legati all'occasione per cui erano stati scritti. Alcuni sono diventati romanzi, come Almost Blue, e altri ancora, come certi racconti di ambientazione coloniale, lo diventeranno presto, almeno spero.
Gli altri sono qui. In tutti ho cercato di fare l'unica cosa che uno scrittore, di romanzi o racconti che sia, deve fare quando scrive: raccontare una storia che gli piace nel miglior modo possibile e con le parole più belle che sa. Se ci sono riuscito non lo so. Però ci ho provato.