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Mezzo secolo sotto una lente Non c'è retropensiero in queste pagine del prof. Davide Schiffer, esponente di spicco della scuola di neurologia italiana. Il suo linguaggio è terso e trasparente. Si legge di uomini e di cose chiamati con il loro nome incontrati in Torino, in Italia e all'estero, nella seconda metà del secolo scorso, e si parla in modo rigoroso, pacato, evocativo, qua e là con ironia. Il diario si propone come un contributo al " miglioramento dei sistemi universitario e sanitario italiani, oltre a indicare alle generazioni che succedono il percorso che è stato fatto in questo cinquantennio ." Percorso che lo scienziato ha tracciato dividendo la sua attività tra reparti clinici, attività didattica e ricerca in laboratorio. Condotta in Italia per troppo tempo tra difficoltà incredibili, bloccata da una struttura rigida, volutamente povera e in genere priva di piani di sviluppo. Tanto che troppi giovani ricercatori italiani che avevano approfondito argomenti o acquisito nuove tecniche all'estero, al ritorno faticavano a svilupparli. Pur con le dovute eccezioni. Il diario non è solo il racconto di queste vicende, ma anche dell'evolversi della cultura generale del mezzo secolo trascorso, delle diatribe culturali che da quelle discendevano, degli avvenimenti e delle trasformazioni cui è andato incontro il nostro Paese, poiché Schiffer, come dice Marco Revelli nella prefazione, è percorso da una volontà di sapere che "fa della conoscenza una forma della vita". Così lo si può leggere come un romanzo "su molti e differenti registri. Come una galleria di ritratti di personalità disegnati nella pagina con tratti sicuri e minuziosi, come un racconto dei luoghi e degli ambienti di ritrovo torinesi", come specchio delle tensioni e contraddizioni del mondo accademico scientifico torinese e italiano. Il tutto attraversato da riflessioni filosofiche, osservazioni letterarie e musicali rispondenti
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