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Anno edizione: 2013
Anno edizione: 2012
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Io trovo che Said faccia sempre un'analisi il più possibile onesta, e questo libro me ne ha dato la conferma. Da occidentale, mette di fronte a verità scomode, che non si accettano soprattutto quando si cerca di studiare il Medio Oriente con la mente più aperta possibile.
Saggio interessante, a volte irritante (anche per la forma molto "arzigogolata" di esprimere i concetti, il che rende la lettura piuttosto faticosa). Ha il grande pregio di squarciare un velo: il gusto degli occidentali per l'Oriente è sempre stata l'invenzione di un mondo che non c'è ed è servito ad aprire la strada all'imperialismo ed al colonialismo (oltre che agli attuali disastrosi rapporti internazionali). Detto questo, l'accusa rivolta a chiunque abbia studiato l'Oriente (anche in buona fede) è di partire da preconcetti che snaturano la realtà. Va bene, però avrei apprezzato che l'autore ci avesse spiegato come liberarsi dal proprio vissuto e guardare con occhi diversi il mondo. Questo non è stato fatto perché anche Said parte dai suoi pre-concetti (che sono la summa delle sue esperienze, come per tutti) e alcune sue affermazioni sarebbero facilmente rovesciabili. Insomma, è un saggio "vivo", che necessita di una successiva discussione, possibilmente con un abitante delle "Terre d'Oriente". Fa riflettere e pone dubbi. Non è male, al giorno d'oggi, anche se ci si trova un po' spiazzati perché la risposta a tante questioni pare non ci sia, o non si sia capaci di trovarla.
Un’opera che fa crescere e, soprattutto, arricchisce. Leggere Orientalismo oggi ci spiazza: ci fa rendere conto di come il nostro punto di vista "occidentale" sia ancora molto simile a quello del passato, in special modo nei confronti dei popoli di religione islamica a seguito dell'11 settembre. Questo anche perché il saggio non è per niente scontato: la postfazione è una delle analisi più realistiche della drammaticità dello scontro (o incontro?) di civiltà, che non può risolversi né in aspro conflitto, né in piena accettazione di una parte, ma deve essere sempre mediato dal pensiero politico e dallo studio umanistico. Il discorso di Said sull’"orientalismo”, profondamente anti-essenzialista, andrebbe forse riscoperto e applicato non solo alle materie umanistiche in generale, ma anche alla nostra riflessione quotidiana, al nostro modo di porci nei confronti degli altri.
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