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“Le solite notti” di Elvira Morena è stato pubblicato dalla Marlin editore nel 2020. È Flora la voce narrante del libro; è lei che ci racconta delle “solite” notti, dove solite è un termine usato in modo dispregiativo. Sono notti turbolente, ricche di infelicità. Flora ci racconta la sua vita da prostituta, sua e delle altre ragazze come lei, ognuna confinata nel quadratino assegnatogli a ridosso della Pineta Grande. La protagonista ci trascina da un lato negli eventi della sua vita di tutti i giorni, dall’altro nel suo viaggio interiore. Ed è quest’ultimo che ci dona le emozioni più forti. Elvira Morena con una scrittura spesso dura, con termini spesso pesanti ci racconta della vita terribile di queste donne. L’autrice rafforza spesso la parola “lavoro” per equiparare il sesso in liquidazione a qualsiasi altro lavoro. Ma sottolinea anche spesso i termini “battona” e “puttana” in quanto crudeli e ricchi di disprezzo, un disprezzo che può annientare le persone. Nonostante mio malgrado non l’abbia gradito al cento per cento per via della lentezza narrativa, apprezzo tantissimo la scrittrice per essere stata capace di dar voce a delle giovani donne che spesso vengono ignorate. Concludo la mia recensione con alcune frasi tratte da delle interviste fatte all’autrice, frasi che manifestano ancor di più il pensiero profondo di Elvira Morena e del suo romanzo “le solite notti”. <<Credo che ogni “lucciola” trascini il suo bagaglio carico di buone occasioni perdute, eventi cercati e altri non voluti, accaduti per casualità, karma o fatalità. Ogni singola storia andrebbe ascoltata, analizzata. Giudicare, lapidando è una pratica in uso e di facile esecuzione. È buona regola, invece, non liquidare nel fondo del water ciò che risulta scomodo alla fetta ricca dei perbenisti. La società patriarcale, ancora oggi, detta le sue regole: “Il sesso è una bestia nera chiamata Tabù.” Chiunque graviti intorno al sesso è perduto, le donne in vendita nel mercato del sesso lo sono più dei clienti. […]>>
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