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Che senso può mai avere la domanda «dove sta il vento quando non soffia?». Ponendosi simili questioni Giovanni Vailati non solo sottolinea la centralità filosofica dell’analisi del significato, ma afferma anche come sia nostro dovere saper vivisezionare i concetti, onde liberarci dalla loro tirannia. Per Vailati i concetti espressi nel linguaggio non devono infatti essere i nostri padroni, ma devono tornare a servirci per fare chiarezza nel nostro pensiero. Vailati torna così alla radicalità filosofica della domanda socratica: ma di cosa stiamo parlando? Ma introduce anche ad un orizzonte epistemologico-critico che sarà quello teorizzato da esponenti del neopositivismo come Moritz Schlick o Rudolf Carnap. Tuttavia Vailati condivide anche - con tutta la tradizione del positivismo e del neopositivismo - una sorta di «acidità zitellare» (G. Preti) nei confronti della lezione kantiana. Così linguaggi e significati rischiano nella sua riflessione di ridursi anche a schemi vuoti, incapaci di spiegare l’oggettività della conoscenza umana. In questa prospettiva storico-critica lo studio della lezione epistemologica vailatiana diventa allora la preziosa e straordinaria cartina di tornasole per meglio intendere la stessa storia della cultura filosofica italiana, nei suoi punti di forza (à la Vailati), ma anche nelle sue intrinseche debolezze filosofiche (ancora, à la Vailati). Entro questo complesso contesto teorico Vailati non ha poi mai smesso di presentarsi, pur tacitamente, come un autentico Maestro socratico della scuola italiana, configurando il profilo, affatto anomalo, di un docente delle scuole medie superiori che ha saputo sempre insegnare nelle sue classi come un intellettuale di sicuro respiro europeo ed internazionale. Il che costituisce, ancor oggi, una lezione, culturale e civile invero memorabile, sia per l’università, sia per la scuola italiana che sembrano aver perso di vista proprio questo afflato socratico, invero sempre decisivo. Anche l’importante inedito vailatiano sull’insegnamento medio della filosofia, che chiude il volume, non fa che confermare, in chiaroscuro, questa prospettiva critica.
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