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Introduzione al pensiero obliquo - Francesco S. Mosca - copertina
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Introduzione al pensiero obliquo
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Il libro analizza il ruolo della diagonale nella pittura figurativa e gli innumerevoli rapporti che essa intrattiene con l'inconscio, i sogni e l'immaginario.
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Dettagli

2013
1 gennaio 2013
200 p., Brossura
9788891043498

Valutazioni e recensioni

Recensioni: 5/5

ANTEFATTO: L’EstEtica Obliqua Che le analisi storico-sociologiche scritte con straordinaria chiaroveggenza da M. Horkheimer e T. W. Adorno nel 1944 in Dialettica dell’illuminismo fossero più attuali che mai ci avrebbero scommesso in pochi. Basta leggere alcune critiche riportate nell’introduzione per farsi un’idea. E invece non solo si sono rivelate profetiche incuneandosi nel corso della loro indagine in profondità per smascherare gli orrori dei padroni del mondo, mettendo in luce la mostruosa disumana macchina logica delle strutture megacapitalistiche sconfinate nella follia “totalitaria”, ma hanno indicato nell’arte autentica, nella politica a misura delle persone, nell’esercizio della fantasia creatrice e nell’immaginazione non reificata l’unico modo per non farsi assorbire dagli imponenti apparati industriali, individuando nella “persona” educata alla teoria critica un piccolo granello, che, se non in grado d’inceppare, almeno di offrire una ‘resistenza’, all’enorme mostruosità del sistema sociale che andava delineandosi prima ancora che la seconda guerra mondiale finisse. Più di cinquant’anni ci separano dalla pubblicazione di un testo talmente illuminante da rischiarare il futuro, questi nostri tempi, moderni solo grazie all’apporto della tecno-elettronica, non certo per quel “salto utopico”più volte suggerito nei loro testi. Considerazione scontata visto che viviamo immersi in una “barbarie dal volto umano” (B. H. Levy) con quasi la stessa indifferenza con la quale si è permesso che milioni di persone venissero torturate, massacrate, incenerite nei forni crematori dai nazi-fascisti, aiutati dalle centinaia di migliaia di individui terrorizzati, o della loro stessa risma. La stessa rassegnazione che conduce totalmente all’assuefazione della realtà preconfezionata ad hoc da inimmaginabili apparati di dominio, finalmente liberi da ogni preoccupazione tesa al mantenimento del potere, perché sono riusciti a costruire un mondo che può benissimo fare a meno degli umani, avendo delegato tutto alle macchine. Siamo arrivati a quello che potrebbe sembrare un paradosso, ma che è il nostro presente-futuro: il potere può fare a meno del potere. Soprattutto grazie alle decisioni di una “sinistra”, talmente lungimirante da togliersi di mezzo da sola, suicidandosi in massa e legittimando ancora di più le analisi di Horkheimer e Adorno, aspramente criticate. Continuando a puntare tutto su un proletariato trasformato abilmente in un insieme di piccoli borghesi che si recano sulle utilitarie nelle fabbriche per riprodurre in piccolo la nemesi autoritaria del padre-padrone di famiglia, non riuscendo nemmeno lontanamente a immaginare che l’illusione sarebbe svanita presto nel giro di pochi anni, restituita ai capitalisti con tutti gli interessi. Oggi, l’operaio prega di lavorare per un salario da sussidio di disoccupazione, avendo compreso troppo tardi di essere un inutile accessorio tenuto in fabbrica per pietà: c’è“Moltiplicando la violenza attraverso la mediazione di mercato, l’economia borghese ha moltiplicato i loro beni e le proprie forze al punto che non più bisogno, per amministrarle, non solo dei re, ma neppure dei borghesi: semplicemente di tutti. Essi apprendono, dal potere delle cose, a fare infine a meno del potere”. (Ib., p. 49). Arginate le ondate migratorie più drammatiche degli esodi biblici, grazie a politiche di destra, dagli stati europei nel Mediterraneo, sfruttate a proprio vantaggio per ulteriori arricchimenti, l’ininterrotto flusso di persone che da sud avanza inarrestabile, viene utilizzato per maggiori consensi politici su larga scala, nazionale e internazionale, mentre oltreoceano una stretta maglia lungo i confini del Messico cerca di tenere a bada la disperazione della fame, premiando con lo schiavismo i pochi disperati che il sistema permette di accogliere per la manutenzione delle macchine. Di fronte a questi scenari a cui è difficile affiancare aggettivi, che significato può assumere la pubblicazione di un libro? In primo luogo quello di una piccola felicità, parola da sussurrare, dato che non si vogliono persone gioiose, poiché nella felicità risiede la condizione ineliminabile dell’utopia attualizzata sul piano individuale, e il sistema dominante odia i cittadini allegri, infatti, per attualizzarne la necessità sfornano una miriade di leggi adatte allo scopo. In secondo luogo mi piacciono i libri, divenuti esseri “antinomici” (Blanco) che emergono come specchi su cui proiettare i nostri desideri, la nostra coscienza, dove confluiscono tutte quelle contraddizioni impossibili da vivere nella realtà. Composto tra il 2001 e 2002 Introduzione al pensiero obliquo può finalmente venire stampato grazie agli stessi mezzi di produzione che l’hanno rifiutato, poiché i vari direttori dell’industria culturale si sono accorti che si possono trarre degli utili da tutte le opere che vengono loro proposte, non importa se valide o meno, per la logica di mercato è irrilevante. Imperativo è il guadagno: “Per tutti è previsto qualcosa perché nessuno possa sfuggire; le differenze vengono inculcate e diffuse artificialmente. L’approvvigionamento del pubblico con una gerarchia di qualità prodotte in serie serve solo alla quantificazione più completa e senza lacune. Ognuno è tenuto a comportarsi, in modo per così dire spontaneo, secondo il «level» che gli è stato assegnato in anticipo sulla base degli indici statistici, e a rivolgersi alla categoria di prodotti di massa che è stata fabbricata appositamente per il suo tipo”. (M. Horkheimer e T. W. Adorno, Ib., p. 129). L’analisi dei due studiosi si conferma più attuale che mai, incredibilmente profetica in molti passaggi (Il mondo intero è passato al setaccio dell’industria culturale, p. 132) se si pensa che fu scritta nel 1944, a Los Angeles, e nemmeno a loro sfuggirà nulla nello studio della società di massa nell’elencare le molteplici cause della perenne alienazione con cui siamo destinati a convivere. Essa è ormai talmente connaturata che non si avverte nemmeno, anzi sembra che sia ereditaria da anni, che faccia parte del nostro DNA, così togliamo pure il disturbo alle multinazionali e alle loro macchine di provvedere alla fatica di estraniarci. È allora, perché la pubblicazione di questo testo? Cosa mai può importare conoscere come nasce un’opera d’arte, se d’impianto obliquo o altro? Proprio nulla. Esso non è nemmeno un granello di sabbia con il quale si potrebbe inceppare un qualsiasi meccanismo. A chi interessa conoscere la funzione della diagonale nella dinamica dell’inconscio se non c’è più nessun inconscio ma solo macchine produttrici di denaro? Moltiplicando la violenza attraverso la mediazione di mercato, l’economia borghese ha moltiplicato i loro beni e le proprie forze al punto che non c’è più bisogno, per amministrarle, non solo dei re, ma neppure dei borghesi: semplicemente di tutti. Essi apprendono, dal potere delle cose, a fare infine a meno del potere. (Ib., p. 49).

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