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Anno edizione: 1979
Anno edizione: 2016
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Umano, troppo umano, I (1878) è la prima opera di Nietzsche presentata in quella forma aforistica che si rivelerà poi essere la sua più peculiare. Con questo libro Nietzsche sentì di avere compiuto «un vero progresso –, verso me stesso», collegato innanzitutto al suo graduale svincolarsi dalle due esperienze decisive della sua giovinezza: la filosofia di Schopenhauer e l’arte di Wagner. Liberazione necessariamente dolorosa, per cui queste pagine possono anche essere viste come «il monumento di una crisi». Ma anche percorso segnato da scoperte sorprendenti, dal momento in cui tutta una serie di impulsi conoscitivi, accantonati o repressi per la vicinanza di Wagner e del suo ambiente, vengono lasciati liberi di espandersi in una meditazione solitaria. Qui appare già, con tutta la sua potenza corrosiva, il Nietzsche che dubita, che mina ogni certezza, che si addestra allo stile tagliente dei grandi moralisti francesi – in breve il Nietzsche stilisticamente più moderno. E non si tratta solo di una conquista stilistica. Con l’aforisma si manifesta una nuova fase della conoscenza: esso induce a una sorta di lampeggiamento razionale, all’analisi come incursione fulminea, che getta luce su un punto concreto, prima di ritrarsi nell’oscurità. Così, questa forma diventa l’arma naturale di «uno spirito spietato, che conosce tutti i nascondigli dove l’ideale sta di casa». Qui si può dire che assistiamo all’origine di quelle «dure cose di psicologia» che costelleranno sino alla fine l’opera di Nietzsche – e avvieranno a molte delle sue più preziose intuizioni.
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