Le prime frasi del libro:
Febbraio 1954
"EL CINE A BOGOTA"
Prime della settimana
"El fruto verde"
La sezione cinematografica della Mostra francese ha presentato nelle sale Gogador e San Carlos il secondo premiato del festival:
El fruto verde (
Il frutto proibito), con Fernandel, Françoise Arnoul e Claude Nollier, basato su uno dei romanzi non polizieschi di Simenon: Lettera ai miei giudici.
Un'eccellente accoppiata di regia e fotografia è la caratteristica tecnica più notevole di questo bel film, in cui si raccontano i conflitti sentimentali di un medico di campagna, timido e buono come il pane, che a quarantacinque anni di età e innocenza si impegola con un'amante giovane, esperta e calcolatrice, l'esatto contrario della sua seria e metodica moglie.
C'è qualcosa della personalità di don Camillo in questo medico di un villaggio francese i cui abitanti - come quelli di ogni villaggio del mondo - hanno qualcosa in comune con gli indimenticabili elettori di don Peppone. Tuttavia, le situazioni che Fernandel affronta nelle vesti del medico sono molto diverse da quelle di Fernandel nelle vesti di un prete di paese, e il risultato è un dramma fortemente umano, una tragedia palpitante di vita in cui talvolta possiamo cogliere un acre e autentico sapore chapliniano.
La schiacciante personalità di Fernandel non riesce a eclissare la graziosa e intelligente Françoise Arnoul, che è per l'appunto "il frutto proibito" che il buon medico addenta per caso e a causa del quale perde il suo paradiso fatto di tranquillo e abitudinario candore provinciale. Claude Nollier, nei panni della moglie del dottore, offre un'interpretazione ammirevole di un personaggio che, più che una donna, è una prova vivente di ordine, efficienza e dignità.
Tre personaggi simbolici in un film esemplare della cinematografia francese.
"El rata"
La 20th Century Fox sta presentando nelle sale Colombia e María Luisa un film, con sceneggiatura e regia di Samuel Fuller, che sembra girato esclusivamente per dimostrare che negli Stati Uniti persino i ladri della peggior risma sono patrioti e, soprattutto, anticomunisti. Si tratta di
El rata<(i> (Mano pericolosa), con Richard Widmark, Jean Peters e Thelma Ritter.
Il film ha un merito notevole: è cinematografico dalla prima scena all'ultima. Ma specialmente nella prima, dove un obiettivo utilizzato benissimo spiega, senza l'aiuto di elementi che non siano le pure immagini, come mani abili sanno sottrarre un protafoglio anche sotto il naso dei poliziotti.
Richard Widmark recita con una straordinaria spontaneità che talvolta, a forza di essere sistematica, non assomiglia in nulla alla vita, ed è quanto mai tipica di quel discutibile realismo più tecnico che umano inventato dagli statunitensi. Jean Peters ce la mette tutta nel ruolo di una ragazza volgare dalla cotta facile, e tuttavia non riesce a convincere. Per poco, Thelma Ritter non si è portata via tutti gli onori del film, se non gliel'avessero impedito certe inutili esagerazioni nella caratterizzazione di una delatrice di malviventi. Esagerazioni di cui è responsabile una regia affettata e retorica, che si è risolta in un film come tanti altri, con banditi patriottici e sentimentali e poliziotti stupidi.
Due film polizieschi
Due vecchi film polizieschi sono stati riportati in auge questa settimana: Testimonio de una amante (Squadra omicidi), con Edward G. Robinson e Paulette Godard, alla sala Apolo, e El veredicto (La morte viene da Scotland Yard), con Sidney Greenstreet e Peter Lorre, alla sala California.
Il primo racconta minuziosamente una giornata lavorativa di un capitano della polizia, interpretato con la consueta disinvoltura da Edward G. Robinson, il cui unico svantaggio come attore sembra essere la radicale e irriconciliabile divisione del pubblico nei suoi confronti: i fedeli ammiratori e i fedeli avversari. Nello stesso stile di Detective Story (Pietà per i giusti), in Squadra omicidi si intrecciano diversi temi molto ben sviluppati e molto ben risolti da una regia agile e intelligente. La sceneggiatura di Squadra omicidi è di certo la cosa migliore di questa eccellente produzione.
Quanto a La morte viene da Scotland Yard, vi si rappresenta, con tutti i rischi di deludere il pubblico al momento della soluzione - pericolo comune alla letteratura e al cinema polizieschi -, l'eterno problema del delitto commesso in una camera chiusa dall'interno. Ci sono due spiegazioni, entrambe accettabilissime, che insieme agli altri elementi, tutti ben coordinati, fanno di La morte viene da Scotland Yard un buon film poliziesco.