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Anno edizione: 2010
Anno edizione: 2021
Anno edizione: 2012
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Ultimo libro della quadrilogia delle stagioni del commissario Ricciardi, sicuramente il più emozionante per l'argomento trattato, perchè narra della breve vita di uno scugnizzo napoletano, Matteo, detto Tetté per la balbuzie che lo colpisce quando cerca di parlare con gli altri. L'unico essere vivente con cui riesce ad essere se stesso e a non balbettare è un cane randagio, che chiama "cane" perchè é sicuro che prima o poi sarà lo stesso animale a dirgli come si chiama; Tetté vive alla giornata e deve lottare in ogni singolo istante per riuscire ad arrivare alla sera...lotta con il prete affarista che gli concede un "letto" dove riposare, ma lo considera semplicemente uno strumento per spillare soldi alla dama di carità che ha preso così a benvolere il bambino, con il rigattiere che lo costringe a rubacchiare nelle case delle signore distratte dal fascino dell'uomo e dalla sua parlantina facile, con gli altri ragazzi di strada come lui che lo prendono in giro e lo vessano continuamente perchè, a detta loro, è solo un inutile "cacaglio fesso"...lotta fino allo stremo delle forze e, quando la morte lo accoglie nelle sue braccia, l'unico ad intestardirsi per scoprire le cause del suo decesso è proprio il commissario Ricciardi, meravigliato perchè non accade "il fatto", non sente l'ultimo pensiero del bambino nel luogo dove il suo esile corpicino è stato trovato e quindi è sicuro che, dietro l'apparente morte per cause naturali, ci sia qualcosa di più. I personaggi del libro sono ormai quelli familliari: il brigadiere Maione, fedelissimo al suo commissario contro tutto e tutti; la bella e spregiudicata Livia che vede in Ricciardi l'uomo che può finalmente darle la felicità inseguita da tempo; la dolce Enrica, che prende il coraggio a due mani, lasciando intravedere al commissario un proseguimento più confidenziale rispetto ai loro appuntamenti alla finestra, fatti solo di sguardi. Le emozioni si rincorrono, il libro va letto a piccole dosi, a sorsi brevi per non rischiare di affogare nella difficile realtà vissuta da centinaia di bambini, che dovrebbero avere solo carezze e sorrisi e invece ricevono solo calci e porte chiuse, elemosinando un pò da affetto da chi invece è troppo impegnato a circoscrivere il proprio piccolo mondo ottuso.
Non conoscevo Maurizio de Giovanni e devo dire che si è trattata di una vera e propira scoperta.. La lettura di questo romanzo mi ha molto coinvolto. E' raro trovare un autore di questo spessore: la qualità della prosa, la capacità di trasferire un mondo di riferimento e non solo di narrare una storia, l'invenzione di un nuovo genere letterario, forse. Infatti trovo riduttivo parlare di thriller. C'è molta "pietas" nella storia di questo bambino trovato morto per strada e di cui il commisario Ricciardi non riesce a percepire la "presenza" (il suo dono/affanno - il "Fatto", ovvero la capacità di vedere i corpi dei morti e di cogliere le modalità dell'evento). Inoltre il coro dei tanti personaggi (tutti ben strutturati) e la descrizione dell'atmosfera di Napoli in era fascista (quella di Mussolini!) e tra la spazzatura è straordinariamente vivida. Un'esperienza coinvolgente, quindi, da condividere con altri lettori: non si capisce, infatti, o forse è un chiaro segno dei tempi, come mai Maurizio de Giovanni non compaia nelle classifiche di vendita.
“La domenica sotto la pioggia è tutta un’altra cosa. Ti mette di fronte a quello che non pensavi, a quello che non avresti mai voluto…..La domenica sotto la pioggia chiude le porte…” Il brevissimo estratto del capitolo XLIX offre già la misura di quello che è Il giorno dei morti, un romanzo giallo ( per la prima volta nella serie che ha per protagonista il commissario Ricciardi c’è un’indagine complessa e intricata, come nelle opere dei migliori autori del genere), ma soprattutto un libro sulla solitudine, accentuata da una fine di ottobre piovosa, umida, quasi laida, che allontana fra di loro i protagonisti. Il tutto prende spunto dal ritrovamento del cadavere di un bambino, uno scugnizzo, in una nicchia di una scalinata, il corpo composto come se dormisse e accanto, a vegliare, un cane bastardo. I risultati autoptici diranno che è stato avvelenato, probabilmente con l’ingestione, per fame, di un boccone per topi contenente stricnina. Quindi l’ipotesi più plausibile non è di trovarsi di fronte a un delitto, bensì a un mero incidente. Ma il commissario Ricciardi non ne è sicuro, perché quella sua possibilità e condanna che è in lui di vedere le vittime da vive, nel momento del trapasso, udendo altresì le loro ultime parole, nel caso del bambino non si concretizza, segno che il corpo è stato messo lì dopo la morte e, se è così, allora i dubbi e i sospetti sorgono. In una città di piccole gioie e di grandi dolori come Napoli, sotto una pioggia inclemente che acuisce la profonda malinconia di base, nei giorni immediatamente antecedenti a una visita di Mussolini che agita le istituzioni locali e che stringe gli abitanti in una morsa d’acciaio, lui, Ricciardi, proseguirà le indagini per conto suo, non ufficialmente quindi, perché è evidente che gli è impossibile contestare in modo logico l’ipotesi dell’incidente e per farlo troverà una scusa (affinchè ad altri poveri bambini non accada di mangiare, per fame, un boccone avvelenato) che finisce con il diventare il vero e autentico messaggio dell’opera: lo sdegno, immenso, per le ingiustizie che nasce da un convinto sentimento di pietà per le vittime. Fra mille avventure, affollate da personaggi indimenticabili, fra i quali spiccano il fidato brigadiere Maione, la cantante Livia che lo brama da tempo e la dirimpettaia Enrica silenziosamente innamorata, si arriverà alla fine del libro, con la soluzione del caso, lasciando la condizione indispensabile affinchè Ricciardi e gli altri attori di questo teatro della vita non ritornino nell’ombra, ma possano ancora allietare i lettori. Dei quattro romanzi, corrispondenti alle quattro stagioni, Il giorno dei morti è senz’altro il più maturo, il più equilibrato e anche il più riuscito, ma questo era logico, perché de Giovanni, nei suoi precedenti, è andato ancor più accentuando l’eccellente livello di quel suo primo Il senso del dolore con cui si è rivelato; fra l’altro, è un autore che continua a sorprendere per lo stile pulito, per l’accuratezza dell’ambientazione, per pagine, molte, venate da una provvidenziale vena poetica, per la caratterizzazione ineccepibile dei protagonisti, senza dimenticare la grande capacità di non ripetersi, ma di cercare e trovare ogni volta qualche cosa di veramente nuovo che possa ulteriormente interessare. Il giorno dei morti è quindi un capolavoro, un romanzo di rara bellezza, avvincente come pochi, la cui lettura, più che consigliata, è vivamente raccomandata.
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