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Al centro del libro è Agostino Busti, detto il Bambaia, un grande scultore capace di lavorare il marmo in modo sorprendente. Intorno a lui che vive tra 1483 ed il 1548, la Lombardia delle arti, percorsa da smanie anticheggianti, da frenesie collezionistiche, come da continue tentazioni neoscolastiche, sempre contraddette da attenzioni realiste. Protagonista e quadro poco noti negli aspetti più vivi e risolutivi, male interpretati alla luce della grande stagione della Milano in cui s’è acceso l’astro di Leonardo. E il libro, mentre ricostruisce opere ed attività dello scultore, con rigore e d agilità precisa la ricchezza e i movimenti del contorno. Il Bamabaia ha uno stile virtuoso e ricco di riferimenti che trova difficoltà ad inserirsi nei panorami più accreditati della storia della cultura italiana del Cinquecento. Ma proprio il suo gusto è ragione di scelte di ammiratori e di modi espositivi da cui è giocoforza partire: il diagramma dei suoi estimatori rivela le vicende di un collezionismo che va dal Cardinal Federico a Giuseppe Bossi, ai grandi nomi della nobiltà milanese; dall’Accademia di Brera al Museo del Castello Sforzesco. Di qui lo studio di Agosti passa all’ambiente tra regime degli Sforza e dominio dei francesi, con la passione dominante per l’antico che anima gli artisti: l’attenzione è rivolta in particolare ai viaggi a Roma, e ai paralleli tra espressioni figurative e scelte letterarie del tempo. In quella grande officina, di idee di opere di mestiere, che è la cerchia dei giovani intorno a Leonardo, ecco il Busti, che proprio Leonardo chiama Bambaia; poi la grande occasione della sua vita d’artista, la commissione del monumento a Gaston de Foix, morto a Ravenna nel 1512. Il crollo dei francesi non consente di innalzare un monumento al loro grande condottiero.
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