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Un libro fotografico (ma non solo) che ripercorre la storia dei Sex Pistols, il gruppo che (non) inventò il punk. Ho scritto "non" perché le radici sono altrove ma furono loro a portarlo al grande pubblico. Utile non solo per I fan del genere ma anche per mostrare quanto il panorama musicale attuale sia tragicamente iper-conformista in cui la parola d'ordine è, specie tra coloro che millantano ribellione, adeguarsi ai canoni del politicamente corretto e seguire i dettami del marketing che impone ai gruppi finti ribelli di nascondersi dietro etichette sessualmente fluide ripetendo nei test slogan coniati da altri (tipo black washing) ... . Ogni riferimento ai Maneskin (con il loro "begging" e sex fluidity) è ASSOLUTAMENTE non casuale. Stesso discorso per i rapper de noantri che poi volano in jet e vanno a san siro in tribuna vip (Fedez, Ghali, etc). I Sex Pistols sono il miglior esempio di chi volle sparigliare ogni carta senza "corrompersi"
Non è solo una biografia, non è solo il classico libro di memorabilia; God save Sex Pistols è il racconto di un’epoca storica, quella che nella seconda metà degli anni Settanta del Novecento vide nascere nel Regno Unito economicamente depresso il cosiddetto movimento punk: giovani sbandati, spesso in balia della droga e dell’alcol, per i quali lo slogan ‘No future’ coniato da Johnny Rotten e la sua band calzava a pennello. I primi a far parte di questo esercito di potenziali kamikaze sociali erano proprio loro, i Sex Pistols, e le lunghe interviste contenute nel volume aiutano il lettore a contestualizzare al meglio l’esplosione della furia del punk, nonché la sua successiva e altrettanto rapida implosione. Opera ufficiale e monumentale, dal costo sicuramente non abbordabile per tutti, ma pregevole sia per i contenuti che per la forma.
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