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Anno edizione: 2005
Anno edizione: 2014
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«Tutti i dossi del podere salteranno fino in cielo e tutti i pantani sprofonderanno all'inferno prima che io rinunci ai miei diritti e alla mia indipendenza.»
«Era un re nel proprio regno»: ora che Bjartur ha comprato la sua terra dopo diciotto anni di umiliante lavoro per i ricchi vicini, ha vinto la prima battaglia della sua guerra d'indipendenza. Non importa se il suo podere di Sumarhus di solare non ha che il nome, se c'è più acqua che erba, se il suo cane è pulcioso, le pecore minacciate dai vermi, la moglie forse incinta di un altro, non importa se gli spiriti imperversano nella sua valle e la sua casupola di torba sorge sulle rovine delle fattorie distrutte da una strega: Bjartur non ha altri padroni che se stesso, ed è pronto a sfidare tutti i poteri, naturali e sovrannaturali, per liberarsi dai debiti e difendere la sua libertà. Cent'anni di solitudine in Islanda: l'epopea di un uomo e della sua famiglia che è la storia di un popolo all'inizio del xx secolo, ma in una realtà senza tempo, dove la natura e la magia hanno lo stesso potere malefico, a meno che non siano la stessa cosa, dove gli elfi vivono nascosti nelle rocce, più felici degli umani, un mondo così isolato da sembrare l'unico esistente: perfino Reykjavík non è che un mitico sud dove vivono i ricchi, il resto sono solo paesi di sogno al di là dell'oceano in cui alcuni spariscono, come l'America, dove si può diventare quel che si vuole, ma che è più lontana della morte. Un tragicomico don Chisciotte, rozzo e poeta, crudele e commovente, grandioso e risibile, che ha per modelli gli eroi delle saghe per combattere contro gli elementi e la fame, ma anche le cooperative, le banche, i politici, la modernità, l'inesorabile trasformazione di un mondo dove la sua epica lotta è forse solo la follia di un uomo pronto a sacrificare mogli, figli, anima e sentimenti per un monomaniacale sogno di libertà. Finché, novello Giobbe, non arriva a capire qual è quel «fiore della vita» per cui vale davvero la pena di vivere.
Oggi volevo parlarvi del libro di Halldór Laxness "Gente indipendente". Si tratta di un volume edito nel 1935 in cui l'autore, che è considerato il padre della narrativa islandese moderna, racconta la storia di Bardur, un bracciante che decide di investire i propri risparmi in un podere in una zona impervia dell'Islanda. L'ambientazione fra la fine dell'800 e la prima guerra mondiale coinvolge il protagonista e la sua famiglia, una famiglia che viene progressivamente svuotata da quelle che sono le prerogative di tutela dei suoi membri ma anche quelle affettive tipiche di una famiglia, in nome di un'indipendenza a tutti i costi. Halldór Laxness racconta la storia di un uomo, di un personaggio assolutamente indimenticabile, di un paese che si affaccia alla modernità ma racconta anche la storia dei nostri padri e della dura battaglia che ingaggiarono per emanciparsi dal lavoro servile. Lo fa con uno stile ampio, descrittivo, con splendide venature poetiche, che regala sul finale una delle esperienze letterarie emotivamente più forti che mi sia mai capitata di fare e che probabilmente mai vi capiterà.
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Romanzo che portò Laxness a ricevere il premio Nobel, è un libro che ti lascia riflettere e nonostante all’inizio si faccia un po’ fatica a leggerlo perché entri in un mondo completamente diverso dal tuo, poi si riesce a leggerlo tutto a un fiato. Il romanzo segue la storia di Bjartur, un pastore islandese che cerca di costruire la propria fattoria e diventare indipendente dagli altri. Laxness descrive la vita e la cultura islandesi con grande dettaglio, mostrando come la natura dell'Islanda abbia plasmato il carattere del suo popolo. L’intento di Laxness è mettere a nudo alcuni aspetti indigenti e le arretratezze dell’Islanda dei suoi anni, attraverso la storie - in primis - di Bjartur e Ásta, ma anche di altri personaggi, sia loro conoscenti che animali, che hanno un ruolo abbastanza simbolico nel romanzo. Laxness è in grado di catturare con precisione la psicologia dei personaggi, con la loro complessità, le loro ambizioni e le loro debolezze, così come la vita quotidiana degli islandesi dell'epoca. Infine, "Gente indipendente" è caratterizzato anche da momenti di grande poesia e di profonda riflessione filosofica, in cui Laxness si sofferma su temi come la natura umana, la lotta per la sopravvivenza e la ricerca della felicità. « Gente indipendente » non è un romanzo facile: ti porta a riflettere su tante cose, nel bel mezzo della lettura si ha un altalenarsi di emozioni, infatti nel momento in cui leggi una descrizione idilliaca del paesaggio islandese, vieni catapultato in quella tragica caducità della vita contadina e di chi sogna l’indipendenza, che ti tocca il cuore e l’anima.
La cocciutaggine del protagonista sarà la sua spina nel fianco, fino a che una luce non entrerà nella sua vita. Guðbjartur Jónsson è la personificazione stessa del desiderio di libertà ed indipendenza, che non conosce sacrifici che siano eccessivi, al punto da sacrificare ciò che ha per il suo cieco desiderio. Un personaggio controverso, che ispira repulsione a volte, ma che finalizza tutto il suo essere alla propria aspirazione.
Uno dei capolavori del premio Nobel islandese Halldor Laxness. Un affresco mirabile della società islandese novecentesca, con le sue miserie, le sue fatiche, la sua talvolta ridicola grettezza, ma anche con la sua forza d'animo, il suo orgoglio, il suo coraggio. Un libro che, nonostante le dimensioni, si legge con grandissimo piacere e senza fatica grazie alla prosa semplice ma elegante dell'autore e alla profondità dei suoi messaggi.
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