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Anno edizione: 2015
Anno edizione: 2011
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Pansa nei suoi libri non è mai banale in quanto ciò che racconta è suffragato da verifiche minuziose ed accertamenti maniacali. Dopo Giorgio Pisanò, è stato l'unico a descrivere in modo veritiero l'orrenda guerra fratricida post guerra. Ciò ha dato molto, ma molto fastidio ai vincitori. Ma la tenacia di Pansa non è mai venuta meno. Grazie, Pansa, per aver sollevato quella pietra, che ha scoperchiato la nuda e cruda realtà dei cosiddetti partigiani rossi.
Non si capisce cosa ci è successo (e cosa ci succede ancora oggi) se non guardiamo alla nostra storia con lucidità. Pansa ci accompagna di nuovo in un periodo tanto cruciale quanto mistificato, senza nulla togliere ai giovani idealisti che si sono sacrificati per noi ma anche senza fare sconti alla verità. Qualche espediente narrativo non originalissimo, ma un viaggio inoppugnabile in una memoria vera. E la tristezza di vedere come la mistificazione della storia sia oggi la bandiera di chi gli idealismi (tutti, dei vincitori ma anche degli sconfitti) li usa per sè.
Credo che la storia dovrebbe essere riscritta. Non si può far studiare un libro di storia ai ragazzi non menzionando tanti aspetti purtroppo ancora oscuri. Pansa fa proprio questo: mette in luce fatti e omicidi partendo dal basso ovvero dai piccoli personaggi di cui nessuno ha mai sentito parlare. A differenza di quello che pensano molti lettori, non è di parte; il suo obiettivo non è quello di parlare male dei partigiani e delle mattanze nei confronti dei fascisti (anche questi ultimi hanno combinato cose simili prima dell' 8 settembre 1943), ma solamente ricordare che non sempre i vincitori sono i buoni e i perdenti i cattivi. Bisognerebbe avere sempre un quadro ampio della storia e degli avvenimenti per poter giudicare un fronte e l'altro.
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