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Anno edizione: 2008
Anno edizione: 2010
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«Era una grande casa. Lì, per secoli, famiglie dello stesso sangue avevano vissuto al servizio della moschea.»
«Ho scritto questo libro per l'Europa. Ho scostato il velo per mostrare l'Islam come modo di vivere... un Islam moderato, domestico, non quello radicale.» È tornando all'Iran delle sue radici che l'autore migrante di Scrittura cuneiforme si fa tramite tra culture, raccontando l'epopea di un'influente famiglia persiana i cui destini s'intrecciano alla storia del suo popolo, una saga che fa vivere dall'interno e capire le trasformazioni cruciali di un paese sempre al centro degli equilibri mondiali, negli anni che vanno dallo sbarco sulla Luna alla fine della guerra con l'Iraq, dal regime dello scià al post-Khomeini. Un romanzo che ha affascinato i lettori olandesi al punto da votarlo come secondo miglior libro mai scritto nella loro lingua, e con cui Abdolah segna la sua sofferta e complessa riconciliazione con il proprio passato. È Aga Jan il personaggio centrale, ricco mercante e capo del bazar di Senjan, nel cuore della Persia, patriarca della casa della moschea, dimora secolare dove regna l'armonia delle antiche tradizioni e, all'ombra dei minareti, si annodano amori, matrimoni, sogni, tresche e preghiere come i fili dei tappeti. Finché il vento della Storia irrompe nella casa e trascina con sé i figli della moschea, rendendoli protagonisti degli eventi più drammatici. Se il nipote Ghalghal diventerà addirittura braccio destro di Khomeini, nessuno si sottrae alle responsabilità del momento: chi lotterà contro l'oppressione, chi ne sarà strumento, chi farà esplodere i cinema e chi con la sua videocamera registrerà i fatti che faranno il giro del mondo. Solo il saggio e paziente Aga Jan rimane nell'occhio del ciclone, testimone del presente e custode del passato, fedele alle sue radici e a una religiosità che offre un'immagine dell'Islam ben diversa da quella trasmessa dai media occidentali, una fede profondamente umana.
COME COMINCIA
Alef Lam Mim. C'era una volta una casa, una casa antica, che si chiamava "la casa della moschea".
Era una grande casa, con trentacinque stanze. Lì, per secoli, famiglie dello stesso sangue avevano vissuto al servizio della moschea.
Ogni stanza aveva una funzione e un nome corrispondente a quella funzione, come la stanza della cupola, la stanza dell'oppio, la stanza dei racconti, la stanza dei tappeti, la stanza dei malati, la stanza delle nonne, la biblioteca e la stanza del corvo.
La casa sorgeva dietro la moschea, addossata al muro. In un angolo del cortile una scala di pietra portava al tetto piatto, dal quale si poteva raggiungere la moschea.
E al centro del cortile c'era una howz, una vasca esagonale dove gli abitanti della casa si lavavano le mani e il viso prima della preghiera.
Adesso la casa ospitava le famiglie di tre cugini: Aga Jan, il mercante a capo del bazar tradizionale della città, Alsaberi, l'imam della casa e guida della moschea, e Aga Shoja, il muezzin.
Oggi vorrei parlarti di questo libroù: "La casa della Moschea", di Kader Abdolah, edizioni Iperborea. È un libro che ho amato moltissimo perché è riuscito a farmi conoscere la storia di un paese, l'Iran, di cui conoscevo molto poco, attraverso gli occhi di una famiglia musulmana. Il protagonista Agan è il custode di un'antica moschea di un'importante provincia persiana e con la sua famiglia è testimone degli sconvolgimenti storici che attraversano il paese, dalla caduta del regime dello Sha fino alla salita degli Ayatollah. Kader Abdolah è uno scrittore iraniano rifugiatosi in Olanda perché perseguitato dal regime nell'85. Consiglio questo libro a tutti gli amanti delle saghe familiari, dei romanzi storici ma anche dei grandi classici. Buona lettura!
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Il romanzo racconta la storia di una famiglia persiana, la quale vive gli anni del dominio dello scià e poi assiste all’ascesa di Khomeini nel 1979. Sebbene le vicende di questa famiglia siano inventate, la descrizione del contesto storico come narrata dall’autore è particolarmente aderente e fedele ai fatti realmente esistiti. La trama passa attraverso i due differenti regimi politici mettendone in risalto le influenze e conseguenze sulla società iraniana. È un romanzo illuminante, perché capace di riferire in modo diverso una cultura troppe volte ridotta dai più a mero fanatismo, che del fanatismo e dell’estremismo è soltanto vittima.
Bastano poche pagine per essere catturati dal fascino che Kader Abdolah riesce ad infondere alle sue storie ed ai suoi personaggi: una grande casa a ridosso della moschea a cui è affidata la cura del santo luogo di preghiera e che nel corso degli anni diventa teatro di avvenimenti legati alle antiche tradizioni, all'avvento dello scià, appoggiato dagli americani, e al sanguinario regime di Khomeini. Il tutto sotto lo sguardo di Aga Jan, indiscusso capofamiglia di cui non si può fare a meno di amare l'infinita saggezza. Atmosfere irripetibili, personaggi caratteristici, tratteggiati con rara delicatezza, il tutto narrato con una semplicità che conquista e rende contemporaneamente consapevoli della dolorosa storia di un paese difficile.
Un libro davvero molto bello, in alcuni punti lento, ma al punto giusto, ricorda un pò “la casa degli spiriti” della Allende visto che parla comunque della storia di una famiglia e passa da una generazione all’altra e poi parla delle difficoltà, della politica e della religione di questo paese che a volte vedendo in televisione non si riesce a capire fino in fondo… gira tutto intorno a questa casa della moschea, a quello che succede dentro e fuori…. Molto bello e interessante, una cultura sicuramente molto diversa dalla nostra…
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