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Anno edizione: 2021
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Un romanzo. Una testimonianza. Una storia privata. Una voce da salvare: la guerra e la pace raccontate da una donna.
«Nel terribile Lager femminile di Ravensbrück dal 1939 al 1945 passarono circa 110 000 donne. 92 000 di loro non fecero ritorno. Invece Lidia ritornò, e raccontò questo ritorno, come Primo Levi raccontò il suo in "La tregua", in un libro bellissimo, "L'esile filo della memoria"» – Anna Foa Ravensbrück
1945: Lidia Beccaria Rolfi, deportata politica, liberata dagli Alleati, inizia la lunga marcia verso l'Italia. Russi, americani, donne e bambini, prigionieri nazisti, malati e moribondi: tutti insieme incontro a una pace ancora da inventare. I primi anni di libertà. L'Italia del postfascismo: anni di speranze e delusioni, ingiustizie e discriminazioni, persino tra i familiari, gli amici, gli ex compagni. Il Lager è una colpa che non si deve cancellare. Un romanzo. Una testimonianza. Una storia privata. Una voce da salvare: la guerra e la pace raccontate da una donna. Questa edizione contiene anche i Taccuini del Lager , vergati dall'autrice durante i mesi di prigionia, che testimoniano lo sforzo quotidiano per restare vivi e l'uso della memoria come forma di resistenza.
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Raccontare la propria storia non è certo facile. Nel caso di Lidia l’impresa più difficile riguarda l’essere creduta dagli internati uomini. Alla fine del suo viaggio di ritorno dalla Germania, narrato con dovizia di particolari, assiste smarrita al racconto dell’esperienza di guerra da parte degli internati uomini del suo paese natio, Mondovì. «Io, la festeggiata, sedevo in un angolo del tavolo, cercavo di inserirmi nei loro discorsi, di raccontare la mia marcia della morte, ma non mi davano la parola e non sapevo come fare per interromperli. Avrei voluto sapere qualcosa sulla fine della guerra, ma non riuscivo a iniziare il discorso» Tornata a casa la sua esperienza personale non sembra vera agli occhi dei suoi compaesani. La guerra e quello che ne consegue resta un’atroce esperienza ma relegata alla sfera maschile, quasi come se fosse affare di uomini e non roba da donne. L’attendibilità di una testimone del campo, di una sopravvissuta al Lager di Ravensbrück, si scontra contro la società sempre uguale, in cui niente sembra cambiare davvero, e in cui la voglia di festeggiare la fine della guerra e delle atrocità sembra avere il sopravvento sulla memoria del dolore.
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