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Riccardo Perucolo, pittore ed eretico, visse, dipinse e morì a Conegliano. Qui, nella soavità fulgida e misurata delle colline trevigiane, con clamore si consumò tra le fiamme la sua tragedia, per subito fuggire dalla memoria della sua terra. Della sua arte rimangono tracce esilissime, qualche fregio a decorazione di palazzi patrizi; della sua vita parlano le poche carte dei suoi carnefici. Ora Lionello Puppi ha ricostruito, in un libro di originale forza narrativa, la vicenda del dimenticato artista eretico, la sua robusta e ferma passione religiosa, i contorni della sua arte perduta. Rivivono così i suoi libri, fonte di letture ispiratrici insieme d'arte ed eresia, condivise con i suoi pavidi compari di scandalo; la famiglia e i committenti, la cui stima gli aveva concesso una modesta agiatezza; infine, il lungo travaglio dei processi che lo porteranno al rogo con l'accusa di essere l'autore di «obbrobriose» raffigurazioni del Cristo. Pur serrata e ricchissima, la storia di Perucolo è affrontata da Lionello Puppi come qualcosa di più di un mero episodio meritevole di ricostruzione: essa diviene il luogo di riflessioni e ragionamenti d'ordine critico e storico sui meccanismi dell'ispirazione artistica, sul confine tra il mestiere, l'«orgoglio espressivo» e la visione del mondo di un artista cinquecentesco, potremmo dire, eccentricamente tipico. Ma non solo: attraverso la dolorosa sorte di Riccardo, lo sguardo dello storico riesce a penetrare a fondo nella vita di quelle rocche e città e ville che punteggiavano la «terraferma» della Serenissima Repubblica, restituendo un ritratto vivissimo della loro vita fervida, indolente e appassionata.
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