Il mondo greco ha rappresentato per le età successive un «banco di prova», sia per quel che riguarda i modelli di organizzazione sociale, sia per quel che riguarda i valori che possono assicurarne la tenuta. Il che ha rischiato di offuscare la lontananza, la diversità degli antichi da noi, in particolare della società greca "classica". Lo sforzo da compiersi è invece quello di capire i Greci per differenza: mettendo in luce il carattere arcaico, pre-moderno, della società greca di età classica (V e IV secolo a.C.), dal mondo della politica a quello della morale "popolare", dal fragile alfabetismo alla circolazione elitaria del libro. Al centro dei saggi qui raccolti figura perciò il problema della "cittadinanza": condizione di privilegio e oggetto di scontro, bene gelosamente difeso verso l'alto e verso il basso, per tener testa ai signori e al contempo per ricacciare i non-uomini, i non-liberi, nell'inferno della schiavitù. I valori morali di queste comunità chiuse di cittadini-guerrieri sono bene sintetizzati dall'inquietante vanto che Pericle esprime, nell'elogio di Atene, in quel genere cioè di oratoria che costituiva l'occasione di educazione politica delle masse: la città - egli dice - ha disseminato per terra e per mare monumenti insigni di bene e di male. Una formula cruda, nella quale Nietzsche non a torto ravvisava l'affiorare - persino tra le parole dell'olimpio Pericle - dei tratti ferini della "bestia bionda", simbolo dell'istinto rapinatore primevo. Solo quando si spezzerà, con l'ellenismo, quel legame quasi razziale del cittadino con la comunità e nasceranno, in una prospettiva di pensiero più alta, i "cittadini del mondo", sarà avviato il salto verso il moderno: e tornerà, illuminato di una luce positiva, il mito di Odisseo.
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