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Anno edizione: 2019
Anno edizione: 2019
A cento anni dall'impresa di Fiume, le premesse del fascismo al potere.
«Un saggio arricchito da un solido apparato di documenti che narra dell’impresa di Fiume come un frutto del decadentismo militarista dell’epoca» – Robinson
«Villari offre un'interpretazione del più grande interesse confortata anche da documenti inediti» – Il Venerdì
1919. Alla Conferenza della pace di Versailles gli alleati dell'Italia, Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia, non trovano alcuna ragione - diplomatica, giuridica, politica - perché la città di Fiume venga data al nostro paese. Il nazionalismo italiano, in gran parte responsabile della partecipazione alla guerra, insorge con violenza e con profondo risentimento. Gabriele D'Annunzio occupa Fiume, avviando un movimento eversivo, palese e occulto, che da Fiume avrebbe dovuto svolgersi in una «marcia su Roma» per rovesciare il regime liberale e parlamentare e la stessa dinastia. Fu una cospirazione di personaggi e di eventi che operò nei modi più diversi per destabilizzare, in un dopoguerra drammatico, l'Italia. Lucio Villari ha posto questo momento storico, e la personalità e il ruolo svolto da D'Annunzio, al centro del suo racconto, grazie anche a nuovi documenti inediti. Ma chi è stato veramente D'Annunzio? Era la trasfigurazione letteraria, poetica, estetica della sua unicità intellettuale? Oppure mancavano in lui una autentica sensibilità morale e quella «coscienza della parola» che, come dirà Elias Canetti, è presente in ogni esperienza esistenziale e culturale? Molti storici sono inclini a vedere nell'«avventura di Fiume» la sostanziale inoffensività e impoliticità di D'Annunzio, ma i documenti, i ricordi dei contemporanei, i giudizi di acuti osservatori degli avvenimenti testimoniano altro. Fu infatti il fascismo - è utile ancora una volta sottolinearlo - a gestire e realizzare lo spirito, i sentimenti, la «parola» e le vocazioni distruttive di D'Annunzio e del dannunzianesimo.Indice
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Per una comprensione del fenomeno D'Annunzio molto più precisi e utili testi di Serra (biografia) e di Pupo (Fiume). Le imprecisioni, relative all'entità italofona della città di Fiume e della Dalmazia, pregiudicano l'obiettività storica del testo. Poi chi non tramava in quegli anni di crisi della democrazia liberale? Anche il movimento eversivo del duca D'Aosta contro il cugino re, al quale D'Annunzio avrebbe aderito, mi sembra velleitario che reale. Sarebbe stato peggio di quello che poi realmente avvenne?
Villari nel suo libro presenta dei documenti che avvalorano il fatto che quella di Fiume non fu una impresa solo patriottica, ma anche rivoluzionaria, e nello stile risorgimentale dei primi insorti che erano appunto militari (si pensi a Morelli e Silvati), lo scopo, lo aveva già chiarito Host Venturi nel suo libro, era quello di creare un governo rappresentativo della nazione, passando per una transizione gestita dai militari che avevano combattuto per la Patria. Un governo cioè che si sostituisse a quello di una oligarchia che aveva promesso terre, mari e monti, abbandonando poi miseramente i reduci all'indifferenza, al livore e alla violenza dei socialisti che erano stati neutralisti, oltre che al rancore dei fascisti, e che avesse come punto di riferimento colui che era chiamato non a caso il "Duca invitto" perché non aveva mai perso una battaglia durante la Grande Guerra. Ci sono delle affermazioni infamanti fatte durante la presentazione del libro di Villari "La luna di Fiume", come il fatto che d'Annunzio si mise in tasca soldi destinati ai legionari poveri, quando invece svuotò le sue per aiutarli, che i legionari mirassero agli assassinii politici, che i legionari fossero più a destra e più fanatici degli stessi fascisti, che Gramsci dicesse che i legionari erano quelli che non pagavano i biglietti dei treni (forse lo confonde con Matteotti nei confronti dei fascisti), Gramsci nel 20 fu a Fiume e ci restano ancora le sue parole di sostegno a d'Annunzio che parlano ancora molto limpidamente. Evidentemente De Ambris non rientra nell'orizzonte storico di Villari che non lo menziona in alcun modo..continua con i luoghi comuni della sessualità sfrenata, della popolazione che non ne poteva più, addirittura caricandoli della violenza sulle donne. Purtroppo i documenti originali sul Natale di sangue non gli interessano molto e la reazione della stampa estera, persino inglese, che smentisce seccamente queste falsità. E' davvero pietoso che uno storico dl tal fama, dopo avere scritto tanti libri e alcuni anche di grande rilevanza storica, si abbassi a fare propagandismo di tal bassa lega, solo in funzione preventiva antisovranista, adottando i peggiori luoghi comuni che furono allora propri della monarchia e di Caviglia, il quale non esitò a bombardare anche l'ospedale e a mutilare donne nelle loro case con i loro bimbi. Villari evidentemente punta il dito contro la luna e spera che la gente lo guardi, purtroppo per lui che viene da una tradizione che pur avendo adottato il marxismo si è aperta notevolmente alle istanze illuministe, la luna resta sempre più luminosa del suo dito. Una cosa vera però la dice affermando che il suo "è un romanzo che dice la verità". Un romanzo che dice la verità è un ossimoro, questo almeno è certo. Villari nel suo libro presenta dei documenti che avvalorano il fatto che quella di Fiume non fu una impresa solo patriottica, ma anche rivoluzionaria, e nello stile risorgimentale dei primi insorti che erano appunto militari (si pensi a Morelli e Silvati), lo scopo, lo aveva già chiarito Host Venturi nel suo libro, era quello di creare un governo rappresentativo della nazione, passando per una transizione gestita dai militari che avevano combattuto per la Patria. Un governo cioè che si sostituisse a quello di una oligarchia che aveva promesso terre, mari e monti, abbandonando poi miseramente i reduci all'indifferenza, al livore e alla violenza dei socialisti che erano stati neutralisti, oltre che al rancore dei fascisti, e che avesse come punto di riferimento colui che era chiamato non a caso il "Duca invitto" perché non aveva mai perso una battaglia durante la Grande Guerra. Ci sono delle affermazioni infamanti fatte durante la presentazione del libro di Villari "La luna di Fiume", come il fatto che d'Annunzio si mise in tasca soldi destinati ai legionari poveri, quando invece svuotò le sue per aiutarli, che i legionari mirassero agli assassinii politici, che i legionari fossero più a destra e più fanatici degli stessi fascisti, che Gramsci dicesse che i legionari erano quelli che non pagavano i biglietti dei treni (forse lo confonde con Matteotti nei confronti dei fascisti), Gramsci nel 20 fu a Fiume e ci restano ancora le sue parole di sostegno a d'Annunzio che parlano ancora molto limpidamente. Evidentemente De Ambris non rientra nell'orizzonte storico di Villari che non lo menziona in alcun modo..continua con i luoghi comuni della sessualità sfrenata, della popolazione che non ne poteva più, addirittura caricandoli della violenza sulle donne. Purtroppo i documenti originali sul Natale di sangue non gli interessano molto e la reazione della stampa estera, persino inglese, che smentisce seccamente queste falsità. E' davvero pietoso che un personaggio simile, dopo avere scritto tanti libri e alcuni anche di grande rilevanza storica, si abbassi a fare propagandismo di tal bassa lega, solo in funzione preventiva antisovranista, adottando i peggiori luoghi comuni che furono allora propri della monarchia e di Caviglia, il quale non esitò a bombardare anche l'ospedale e a mutilare donne nelle loro case con i loro bimbi. Villari evidentemente punta il dito contro la luna e spera che la gente lo guardi, purtroppo per lui che viene da una tradizione che pur avendo adottato il marxismo si è aperta notevolmente alle istanze illuministe, la luna resta sempre più luminosa del suo dito. Una cosa vera però la dice affermando che il suo "è un romanzo che dice la verità". Un romanzo che dice la verità è un ossimoro, questo almeno è certo.
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