“Io non mi chiamo Miriam”, confessa un’elegante anziana signora durante il suo ottantacinquesimo compleanno, davanti a un braccialetto con inciso il suo nome. Una frase che sconvolge chi le è vicino e apre il vaso di Pandora su una verità nascosta per oltre settant’anni. Dietro il nome Miriam si cela Malika, una giovane rom che, per sfuggire all’0rr%re dei campi di c%ncentr%mento, assume l’identità di una coetanea ebrea scomparsa durante il trasferimento da Auschwitz a Ravensbrück. Da quel momento vive fingendo, per paura e per bisogno di accettazione, in un mondo che rifiuta le sue origini. La narrazione, cr%da e sincera, ci accompagna tra le atr%cità dei campi, il peso della doppia identità e il senso di colpa dei sopravvissuti. Il racconto si sviluppa attraverso continui salti temporali: il tempo non è lineare, ma frammentato; la storia si stratifica, lentamente, rivelando ogni pezzo con cautela e precisione. Le immagini evocate sono forti e realistiche: si s%ffre con la protagonista, si prova pena per le sue paure, ma anche profonda ammirazione per la sua forza e resilienza. Majgull Axelsson, con la sua scrittura empatica e lucida, ha fatto della voce degli emarginati il cuore della sua opera. In Io non mi chiamo Miriam si concentra sul destino dei rom: doppiamente esclusi, perseguitati nei l%ger e disprezzati persino all’interno della gerarchia concentrazionaria, considerati gli ultimi tra gli ultimi. Axelsson illumina questa realtà poco raccontata con delicatezza e rigore, restituendo dignità a un'intera memoria collettiva a lungo taciuta. Un romanzo di identità e appartenenza, di memoria e silenzio, che ci fa riflettere sul prezzo della sopravvivenza e sul coraggio necessario per essere davvero se stessi. “Ho pensato spesso a lei. A Miriam. La persona di cui ho vissuto la vita.”
Io non mi chiamo Miriam
Un romanzo potente e spiazzante che parla di identità, vergogna ed esclusione, che tocca parti molto dolorose della storia d’Europa, gettando luce sul destino dei rom durante le persecuzioni naziste e negli anni successivi.
«Io non mi chiamo Miriam», dice la protagonista il giorno del suo ottantacinquesimo compleanno quando il figlio le regala un bracciale d’argento di un artigiano zingaro con inciso il suo nome. Quella che le sfugge è una verità tenuta nascosta per settant’anni, da quando la ragazzina rom di nome Malika salì su un convoglio in partenza da Auschwitz per Ravensbrück: un pezzo di pane che aveva in tasca scatenò una rissa dopo la quale, per non farsi fucilare, infilò i vestiti di una coetanea ebrea morta durante il viaggio. Così Malika indossò la stella di David, diventò Miriam, sopravvisse ai lager, si ritrovò in Svezia degli anni Cinquanta (una società incapace di comprendere veramente le atrocità subite nei campi di concentramento e in generale la guerra in tutto il suo orrore) e poi ospite di una signora bene della Croce Rossa... Il costante timore di essere scoperta e il dramma di una vita trascorsa a mentire, negando i ricordi e gli affetti del passato per paura di ritrovarsi sola, il problema dell’identità – etnica, nazionale, culturale, ma prima di tutto personale – nelle sue molteplici sfumature: raccontando un volto meno conosciuto dell’Olocausto, Io non mi chiamo Miriam parla a questi tempi segnati dal sospetto verso l’«altro», e forse anche da una confusa incertezza su chi siamo e dove andiamo.
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Anno edizione:2016
Io non mi chiamo Miriam
Il libro di cui vi parlo oggi si intitola "Io non mi chiamo Miriam" di Majgull Axelsson, per le edizioni per Iperborea, tradotto da Laura kemi. Il titolo contiene già una rivelazione e questa è infatti la frase che un'anziana donna pronuncia il giorno del suo 8oesimo compleanno, quando riceve in dono un braccialetto da parte della famiglia in cui c'è inciso il suo nome, il suo vero nome. Si chiama Malica e racconterà la storia alla nipote durante un lungo giro intorno al lago, in una lunga passeggiata. Il libro racconta con grande delicatezza uno dei capitoli più duri e più dolorosi della storia d'Europa, la persecuzione di milioni di innocenti, e lo fa attraverso la voce di una donna, intensa e potente che mi è piaciuta tantissimo. È la voce, una voce forte, una voce dolente. Spero che questa voce arrivi a tutti voi.

Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
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Pagine_e_inchiostro 15 maggio 2025Io non mi chiamo Miriam
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Chiara 30 dicembre 2024Molto appassionante
Molto appassionante! Modo particolare di scrivere dell' autrice ma si legge tutto d' un fiato. Consigliatissimo! Anche da regalare. Mostra un volto della shoah non sempre preso in considerazione
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Viviana 20 settembre 2024
Un'anziana signora decide di rivelare la verità sulle sue origini rom dopo aver mentito per circa 60 anni, spacciandosi per ebrea. Il racconto di una vita dal ritmo veloce, quasi un flusso di coscienza, profondo, diretto, crudo, vero, con persone più che personaggi. Il mantra della protagonista è "vietato ricordare", ma il messaggio è chiaro, oggi più che mai: è dovere ricordare, vietato dimenticare.
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