Ammetto che ho puntato molto su questo autore che nello stile e nelle trame mi ricorda Giuseppe Dessì, ma forse ho puntato troppo perché evidentemente anche lui, che così bene mi aveva impressionato con Stirpe, ha dei limiti e non da poco. Infatti, la lettura di Pietro e Paolo, di questi due giovani sardi, il primo povero, il secondo ricco, e che finiscono con il rappresentare le figure del servo e del padrone, mi ha lasciato purtroppo con l’amaro in bocca, non tanto per la trama, che anzi è interessante e di cui dirò ben poco a beneficio di chi vorrà accostarsi al libro, ma per altro che non mi sarei aspettato. Dico subito che il romanzo, ambientato agli inizi del secolo scorso, ha un ritmo lento, come è giusto che sia visto l’ambiente e la vicenda, ma Fois ha premuto troppo sul freno così che non è mancato qualche mio sbadiglio. E se resta la caratteristica dell’autore di rappresentare la natura ricorrendo a una naturale e felice vena poetica, appare invece ingombrante la caratterizzazione dei personaggi, troppo ripetitiva e macchinosa, anche nelle riflessioni che gli stessi fanno, al punto che francamente più di una volta mi sono indispettito. Però, ahimè, le lacune non si fermamo qui, perché, a parte qualche incongruenza nella narrazione su cui in fin dei conti è possibile sorvolare, il ricorso frequente, con inserimentie quasi mai al momento giusto, dei cosiddetti flashback spezza l’ordine cronologico e non di rado mi ha disorientato, facendomi perdere il filo del discorso. Forse Fois voleva in tal modo porre in risalto esigenze temporali particolari, ma l’imperfetta correlazione nei tempi di fatto appesantisce ulteriormente una struttura un po’ granitica, lontana anni luce da quella di Stirpe, come se con il trascorrere degli anni il percorso dell’autore si fosse inoltrato in un terreno involutivo. Considerato che fino a ora con questa ho letto solo tre opere del romanziere sardo posso sperare che sia stato il classico caso di un lavoro non riuscito che non inficia tutta la produzione e al riguardo sarà mia cura verificarlo affrontando altri suoi libri.
Pietro e Paolo
Prima erano inseparabili: Pietro figlio dei servi, Paolo dei padroni, un'adolescenza trascorsa in comunione con la natura, nel cuore vivo di una Sardegna selvaggia. I giochi, le parole pronunciate per conoscersi o per ferire, poi Lucia, «una giovane acacia selvatica»: sono tante le vie per scoprire chi sei, chi vuoi diventare, qual è la misura esatta del tuo potere. Quando Paolo viene chiamato alle armi, per una promessa che assomiglia a un patto di sangue si arruola anche Pietro, da volontario. Il suo compito è guardare a vista l'amico fragile, sorvegliarlo, proteggerlo. Le disparità nel loro rapporto ora non è più possibile ignorarle, s'impongono come le regole di grammatica che Paolo un tempo spiegava a Pietro: ci sono dei verbi, gli ausiliari, che permettono a tutti gli altri di spostarsi nello spazio e nel tempo. «Non lasciarmi» chiede Paolo, e Pietro forse lo tradirà o forse rispetterà la promessa, ma da quei giorni di bombe e combattimenti le loro vite, e quelle delle loro famiglie in Sardegna, cambieranno per sempre. Sino a quel mattino di gennaio in cui, ormai uomini fatti, si troveranno di nuovo uno di fronte all'altro. In una resa dei conti dove tradirsi o salvarsi può essere paradossalmente lo stesso gesto.
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Autore:
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Editore:
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Anno edizione:2020
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Formato:Tascabile
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Renzo Montagnoli 06 gennaio 2020
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