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Il libro “La moneta incompiuta. Il futuro dell’Euro e le soluzioni per l’Eurozona” descrive gli elementi caratterizzanti la politica monetaria europea, ripercorrendo l’esplosione della crisi finanziaria nel 2007-2008 e analizzando l’impatto che questa ha avuto sull’Eurozona. Vengono inoltre approfonditi i diversi tipi di intervento messi in atto dai governi e dalla Banca Centrale Europea (BCE) a fronte del rischio di rottura dell’euro, e nella parte conclusiva del lavoro vengono proposti diversi interventi di policy volti a superare la crisi. Il volume si concentra su questioni di natura finanziaria, fornendo all’inizio della trattazione una serie di concetti di base, quali rischio di credito, debito sovrano, derivati creditizi e arbitraggio, che agevolano la lettura anche per un pubblico di non esperti. Nonostante questo specifico focus su aspetti finanziari, il lavoro si inserisce nel dibattito attuale sul futuro dell’Europa, discussione riportata all’attenzione generale grazie alla recente pubblicazione del “Libro Bianco sul futuro dell’Europa”. Nel ripercorrere il processo che ha portato alla creazione dell’Unione Monetaria (UME), gli autori introducono una riflessione sulle intenzioni degli stessi padri fondatori dell’Europa nel momento in cui immaginarono le tappe che avrebbero condotto alla piena integrazione monetaria. Nei Trattati istitutivi dell’UME non era infatti prevista la possibilità di uscita dall’accordo dei cambi fissi, scelta compiuta perché l’UME rappresentava soltanto una tappa verso la completa integrazione dei paesi UE. L’obbligo di adozione dell’euro da parte dei nuovi paesi aderenti rappresentava anch’essa una previsione orientata nella stessa direzione, ovvero favorire una progressiva integrazione attraverso la graduale cessione di sovranità relative a diversi ambiti di policy. Con la crisi del 2008 si è tuttavia diffusa la consapevolezza che l’integrazione dei paesi UE non è stata così profonda e forte come si era auspicato, e che i paesi membri erano ancora caratterizzati da grandi differenze strutturali. La conclusione degli autori è dunque che in questo momento interventi coordinati a livello di Eurozona possono essere realizzati attraverso la politica monetaria, l’unica per la quale vi è stata una cessione di sovranità da parte dei paesi UE. Un’analisi interessante viene proposta sulla necessità di una maggiore trasparenza, soprattutto nei confronti degli investitori retail, che si trovano in una posizione in cui è più difficile avere informazioni complete per poter effettuare le scelte di investimento. Le ragioni per favorire una maggiore chiarezza e completezza di informazione sono diverse. A livello micro, l’attività delle banche è sottoposta ad una disciplina contabile, ad una vigilanza di stabilità e trasparenza da parte di apposite Autorità. Tutto questo però non ha loro impedito di avere comportamenti caratterizzati da azzardo morale. La stessa regolamentazione europea, che prevede tra gli altri strumenti degli stress-test basati su rappresentazione di scenari what-if, si è mostrata inefficace nel fornire una valutazione completa dei rischi in cui può incorrere il sistema bancario. In questo caso ciò che essenzialmente è carente nella regolamentazione è la logica di mercato, in cui valore e rischio di un’attività non possono essere separati. Per poter scegliere consapevolmente un investimento è infatti necessario conoscere i rendimenti ed i rischi di ogni operazione. La soluzione che gli autori propongono si troverebbe nella predisposizione di una tabella in cui viene riassunta la relazione tra rischi e payout, ovvero la chiara indicazione della probabilità di guadagnare, perdere o pareggiare per ogni tipo di investimento, nonché il capitale finale che si otterrebbe in ogni possibile situazione. Anche a livello macro la mancata trasparenza nella rappresentazione dei rischi e dei rendimenti dei prodotti finanziari può avere delle conseguenze negative. Si può ad esempio determinare una redistribuzione iniqua della ricchezza tra paesi UE e tra questi ed altre economie europee. Nel caso dell’Italia, in particolare, caratterizzata da un forte sbilanciamento tra domanda e offerta di prodotti finanziari rispetto alle altre grandi economie quali Germania, Francia e UK, vi è un grande rischio di importazione di prodotti molto rischiosi. E’ dunque necessario che le regole europee siano rivedute affinché gli investitori siano in grado di disporre di tutta l’informazione necessaria.
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