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In una Palermo dell’immediato dopoguerra si aggira in un quartiere fatiscente un’umanità dolente che non possiede assolutamente nulla e che per sopravvivere deve fare conto, perfino per il cibo, sulla carità. E’ di questa moltitudine di esseri umani, ricchi solo di miseria, che parla il primo romanzo scritto da Matteo Collura, attento a raffigurare la condizione degli ultimi, talmente emarginati da far chiedere a uno dei protagonisti, Agostino Giummo, se è proprio vero che il sole spunta per tutti. Cenciosi, affamati, tenuti alla larga dagli altri, soprattutto da quelli che fanno loro il principio che se non ci fossero i poveri non ci sarebbero i ricchi, stufi di essere vessati dalle istituzioni, in primis il dottor Lannina, direttore dell’Ente Assistenza Poveri, che lucra sul cibo della mensa loro riservata, a un certo punto non ce la fanno più e alzano la testa, trovando il loro Masaniello nella persona di Giuseppe Boscone che fonda una specie di società di mutuo soccorso, l’Associazione indigenti. Abituati a vivere fin dalla nascita con il capo chino non chiedono grandi cose, domandano solo il rispetto del diritto di esistere e che si concretizza in due pasti al giorno, anche in estate, perché si mangia tutti i giorni. Sono richieste modeste, eppure aprono un conflitto, perché scalfiscono il potere di chi sta sopra. Come va a finire? Ultimi erano e ultimi resteranno, perché il sole non spunta per tutti. Associazione indigenti è un romanzo breve, ma intenso, dove non c’è una parola di più del necessario, il che rende benissimo la condizione di chi non ha nulla, ed è un’opera di denuncia scritta con molto acume, senza un briciolo di retorica, ma ponendo all’attenzione del lettore l’insostenibilità di un sistema che emargina chi non ha lavoro, chi non ha ricchezza.
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