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Anno edizione: 1991
Anno edizione: 2019
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La misura perfetta per Nina Berberova è il racconto lungo, che attraversa un destino e un personaggio con il sibilo di una freccia. Qui si tratterà del destino di Tanja, la «puttana»; di lei seguiamo le avventure da Pietroburgo al Giappone, alla Cina, a Parigi: donna rapace, sensuale, sordida, disegnata con magistrale economia di tratti e intensità nel dettaglio, figura che merita di occupare un suo posto nella galleria delle grandi abiette della letteratura russa. E accanto a lei, puntuale controcanto, apparirà il «lacchè», ex ufficiale della cavalleria zarista, finito come cameriere a servire caviale in un ristorante. Lo sfondo è la Parigi dei russi bianchi, quinta mobile della disperazione e della degradazione. Lo scioglimento non può che essere sinistro – e, come sempre nella Berberova, cela una punta che si rivela solo nelle ultime righe.
Il lacchè e la puttana è apparso per la prima volta, in russo, nel 1937 su «Sovremennye Zapiski».
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Leggere la Berberova è sempre una fantastica scoperta. Il realismo con cui caretterizza i personaggi è straordinaria e si associa ad una scrittura vivida, originale e scorrevolissima che porta a leggere i suoi libri tutto d'un fiato. Un libricino per chi ama le sorprese.
La protagonista è una giovinetta desiderata, civetta, procace e sa quel che vuole: seduce e poi sposa quello che doveva essere il cognato, ma le cose non le vanno benissimo. Dopo alcuni anni di matrimonio senza infamia e senza lode, rimane sola e priva di mezzi di sussistenza. Per un po' riesce a vivere sulle spalle di alcuni amanti, ma il tempo inclemente abbasserà l'asticella delle sue "aspettative". Senza arte né parte prova a mantenersi ricamando, ma ci mette poco a cedere al lusso. Decisa a uscire da quel gorgo, chiede dei soldi ad un'amica, indecisa se spenderli per un'ultima abbuffata con successivo suicidio oppure giocarsi il tutto per tutto in un ristorante di lusso e accalappiare un amante. Propende per la seconda opzione, ma le cose non andranno come sperato e si farà avanti uno dei camerieri di quel locale: un russo, quasi già un conoscente, avanti con gli anni, smunto, calvo, non troppo elegante. Egli in un certo modo tiene a lei, va a viverci e si fa carico delle sue spese, ma la donna si rende sempre più conto che la sua vita è stenta e miserabile. Decide di porvi fine, trascinando però con sé anche quell'uomo: sicura che se saprà agire, i suoi conoscenti penseranno che sia stato lui a spararla, comincia a spargere i semi della sua inquietudine nelle menti di questi. Una sera, di ritorno dal lavoro, l'uomo la troverà con la rivoltella in mano, ma cercherà di impedire il gesto. Nella lite che ne seguirà, anch'egli pieno di disgusto per quella donna così frivola, la soffocherà ponendo così davvero fine a quella vita così incerta.
Una caduta abietta e rovinosa, senza possibilità di risalita, lungo un percorso di disgustosa ed esasperata miseria, una mortificazione senza redenzione. Tanja “non sapeva cosa fosse la vita, ma sentiva che non era quello, non poteva essere quello”. Un passato ormai troppo lontano, un presente esausto, “ma, grazie a Dio, non c’era futuro”.
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