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Media e potere - Noam Chomsky - copertina
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Media e potere - Noam Chomsky - copertina

Descrizione


L'opera in questione, è una raccolta di saggi, scritti dal filosofo americano nel corso degli ultimi anni. Una riflessione sul rapporto tra mezzi di comunicazione, potere e controllo sociale. Un'analisi critica sulle strategie di addomesticamento e massificazione dell'individuo. A partire da quelle che definisce "Le 10 regole per il controllo sociale", Chomsky analizza storicamente e socialmente, le strategie che il potere, mette in atto per manipolare la società. Un piccolo libro introduttivo, verso quella che è, la complessa opera di Noam Chomsky.
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Dettagli

2014
26 novembre 2014
79 p., Brossura
9788896130445

Valutazioni e recensioni

Recensioni: 5/5

Libretto di facile lettura (ci vogliono un paio di ore per finirlo), ottimo come introduzione al pensiero e agli studi di Noam Chomsky, credo infatti sia superfluo per chi possiede già altre opere dell'autore si questi argomenti. Sicuramente un po' datato (gli scritti credo si fermino al 2004), manca una riflessione sui temi fondamentali dell'ultimo decennio riguardo ai media, dal loro ruolo nella primavere arabe, al loro uso nel periodo del terrorismo internazionale (figuriamoci cose ancora più recenti come la "post verità" o il fenomeno migratorio), ma la mancanza maggiore è il fatto che non ci sia nessun riferimento ai social-media. Comunque un'opera più che consigliata!

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Recensioni: 4/5

Seguo Chomsky da un po’ di tempo, soprattutto le sue interviste. Ho iniziato a leggerlo per cercare di avere una visione globale della società, attraverso questa lucida analisi, visione che per certi versi continua a sfuggirmi. In questa breve raccolta di saggi, il filosofo indica 10 punti (regole) in cui è evidente il controllo sociale della massa. In particolare alcuni punti sono cruciali, ne cito qualcuno. “La strategia della distrazione”: focalizzare l’attenzione e martellare il pubblico con determinate notizie, fa passare in secondo piano notizie ben più gravi. “Creare il problema e poi offrire la soluzione”: ad esempio far accettare la diminuzione dei diritti come male necessario per affrontare le crisi economiche. “La strategia della gradualità”: qualcosa di per sé inaccettabile, diventa lentamente accettabile se somministrato col contagocce. “Usare l’aspetto emozionale molto più della riflessione”: sfruttare l’emotività è sotto gli occhi di tutti giorno per giorno, se pensiamo a come vengono cavalcati da una certa politica i fatti di cronaca nera. Iniettare paura provoca un corto circuito dell’analisi razionale nell’individuo facilmente manovrabile. “Mantenere la gente nell’ignoranza e nella mediocrità”: questo, a mio avviso, è il punto cruciale, ossia la mediocrità diffusa. Senza un’istruzione adeguata, la maggioranza delle persone non ha i mezzi per poter comprendere, analizzare e leggere quello che accade nella società, al di là di come viene rappresentata (e da quello che ci vogliono far vedere e credere). La mancanza di spirito critico ci fa sorbire tutto ciò che ci viene mostrato ed imposto, dalla televisione, dai giornali, dai media in generale, veicolati e tenuti in ostaggio dalla politica e dall’economia. Alcuni passi fanno venire davvero i brividi, se messi a confronto con le realtà quotidiane della nostra epoca, a partire dal ‘900. “Per la popolazione, l’unica realtà consentita è quella mostrata dai media” (pag. 48): il popolo viene descritto come un “gregge smarrito”, facilmente manovrabile, che bisogna continuamente tenere sotto controllo e “spaventarlo, evocando davanti ai suoi occhi un diavolo che minacci di distruggerlo; altrimenti potrebbe cominciare a pensare, e pensare non è di sua competenza” (pag. 48). Portando questo pensiero nella realtà attuale, una moltitudine di esempi sono all’ordine del giorno. Il terrore della popolazione, oggi, è l’immigrato. Il nemico feroce da combattere è l’Isis (l’ultimo dei tanti, finché non sarà sostituito da un altro nemico comune da combattere con tutte le forze). E finché siamo distratti da questo terrore di massa, non ci accorgiamo che il numero di decessi per cancro, provocati dall’inquinamento, è sempre, da anni, la prima causa di morte (e con numeri da far venire davvero i brividi): una catastrofe che è meglio nascondere, spostando le paure da altre parti. Si ruba, a tutti i livelli (da chi ci governa, ai cosiddetti “furbetti del cartellino” – furbetti? Io li chiamerei ladri e delinquenti, visto che rubano alla società e quindi ad ognuno di noi); si agitano mostri, anche in politica, e poi si tengono diamanti nei paesi dei mostri; si grida a chi è più colpevole, quando ognuno di noi, nel suo piccolo (e non), è comunque colpevole: ma è più facile e liberatorio additare alla disonestà degli altri, piuttosto che guardare la nostra. Ci metterebbe di fronte ad uno specchio e da lì sarebbe impossibile rifuggirne. “Sei obbediente. Sei un consumatore. Compri spazzatura della quale non hai alcun bisogno. […] Ma non cercare di depredare i ricchi. Uccidetevi fra voi, nel vostro ghetto. Questo è il trucco. Questo è ciò che i media hanno il compito di fare” (pag. 69). La contrapposizione nella classe media, ma anche tra i meno abbienti, tra il “noi” e il “loro”, è stato il risultato perfetto dell’indottrinamento delle masse: il “noi” e il “loro” fanno parte della stessa povertà. Ed è più semplice, assolutamente non impegnativo, combattere chi ha meno (o chi non ha nulla) vedendolo come la possibile causa delle proprie disgrazie, anziché combattere chi ha tutto e ti sfrutta per la sua ricchezza e perché tu possa avere ciò di cui non hai bisogno: perché “noi” possiamo permettercelo e “loro” vorrebbero rubarci questa illusione di ricchezza. Il finale del libro decreta l’inesorabile discesa agli inferi dell’umanità: “Se guardiamo ciò che succede nella nostra società da alcuni decenni, ci accorgiamo che stiamo subendo una lenta deriva alla quale ci abituiamo. Un sacco di cose, che ci avrebbero fatto orrore 20, 30 o 40 anni fa, a poco a poco sono diventate banali, edulcorate e – oggi – ci disturbano solo leggermente o lasciano decisamente indifferenti la gran parte delle persone. In nome del progresso e della scienza, i peggiori attentati alle libertà individuali, alla dignità della persona, all’integrità della natura, alla bellezza ed alla felicità di vivere, si effettuano lentamente ed inesorabilmente con la complicità costante delle vittime, ignoranti o sprovvedute” (pag. 76). Ultimo punto su cui vorrei soffermarmi. Ormai chi studia, chi cerca di capire, chi è in sofferenza in una società gravemente ammalata è considerato “radical chic”; la cultura è considerata “radical chic” (spesso da chi un libro non lo legge da una vita): insomma, tutti quelli che tentano di guardare la realtà con occhi disincantati, al di là di quello che appare (o si vuol fare apparire), sono buonisti e radical chic. Ma se la maggior parte della Cultura, dell’Arte, della Letteratura, della Filosofia, del Cinema, sta da una parte, qualche domandina la massa che odia la Cultura, potrebbe porsela.

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Noam Chomsky

1928, Filadelfia

Linguista, scienziato, filosofo e teorico della comunicazione statunitense. È riconosciuto come il fondadore della grammatica generativo-trasformazionale. Chomsky, in polemica con gli assunti dell’empirismo e del comportamentismo, si è richiamato al programma razionalistico di una grammatica universale, e ha posto l’accento sul problema della «competenza» linguistica, cioè del meccanismo che ci permette di produrre e di riconoscere nuove frasi corrette in una lingua. Ha influenzato anche gli studi di psicologia, logica e matematica.Chomsky ha affiancato gli studi linguistici a un forte impegno sociale, ponendosi come uno dei più rappresentativi intellettuali, pensatori e attivisti della sinistra radicale americana.Le principali pubblicazioni...

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