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Anno edizione: 2012
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L'ho letto in pochissimi giorni. Un bellissimo libro all'inizio non sembra che ti prenda tanto anche se la premessa è avvincente. Più si va avanti più si vuole conoscere il finale.
Persecuzione racconta, con uno stile magistrale, la storia di un uomo: Leo Pontecorvo, oncologo stimato, marito fedele e padre adorato. La vita si è mostrata più che generosa con Leo, dotandolo di bellezza, fascino, carisma e successo, ma ora tutto è cambiato. Alessandro Piperno racconta la parabola discendete di un uomo che vive nel seminterrato della sua villa romana, senza alcun contato con i familiari ed il mondo esterno, con il suo immenso dolore ed un’innocenza che non riesce a provare a nessuno. Pochi i fatti, certo, ma il mondo interiore di Leo Pontecorvo e dei suoi famigliari viene profondamente sviscerato: emoziona, coinvolge, muove alle lacrime.
Roma, 1986. E' una calda sera d'estate e in una lussuosa villetta dell'Olgiata l'esimio professore Leo Pontecorvo, insegnante universitario nonché primario di oncologia pediatrica, consuma la sua cena davanti al televisore in compagnia della bella e devota moglie Rachel e dei due splendidi figli Filippo e Samuel. Un quadretto familiare invidiabile, che le accuse di corruzione, usura, evasione fiscale rivolte negli ultimi tempi all'emerito medico riescono a malapena a scalfire. Ma questo inossidabile idillio non può resistere anche alla notizia che il telegiornale ha appena divulgato: il professor Pontecorvo è implicato in un caso di molestie sessuali nei confronti della dodicenne Camilla, fidanzatina del suo secondogenito. Un baratro si spalanca immediatamente sotto i piedi dell'incredulo Leo che si vede precipitare ineluttabilmente in un incubo senza fine. Incapace di lottare per dimostrare la propria innocenza, ferito e offeso dalla condanna immediata inflittagli da moglie e figli che repentinamente lo giudicano colpevole tagliandolo fuori dal ménage famigliare, il nostro protagonista non trova di meglio da fare che isolarsi dal resto del mondo e sotterrarsi come un rivoltante scarafaggio per nascondere la propria vergogna e soffocare una blanda ed infruttuosa rabbia, finché i suoi guai non culmineranno in un tragico quanto annunciato epilogo. Con continui salti temporali tra un nero e angosciante presente e un roseo e florido passato, Piperno ci racconta la tragica epopea umana e giudiziaria di un uomo che, colpevole soltanto di dabbenaggine e narcisismo, vede crollare all'improvviso tutto ciò che aveva fin qui costruito. La fama, il prestigio, il lusso, il rispetto, l'amore vengono brutalmente soppiantati dal sospetto, dall'odio, dalla minaccia, dall’ignominia. Eppure questa tragedia personale non scatena nel lettore quell’empatia con il protagonista che ci si aspetterebbe in una storia di questo genere. L’autore sembra impegnarsi più nel raccontare irrilevanti particolari del passato che nel tracciare un buon profilo psicologico dei personaggi o nel cercare di trasmettere le sensazioni e i sentimenti di un individuo ingiustamente messo alla gogna. Ciò non consente di far nascere quell’intesa, quel coinvolgimento, quel trasporto che permettono di immedesimarsi nel protagonista, di provarne la stessa angoscia, la stessa paura, le stesse amare sensazioni. Pontecorvo tra l’altro viene presentato come un uomo tronfio e spocchioso che dietro un’ipocrita maschera da democratico progressista nasconde un'indole classista e snob e gode nell'ostentare la propria ricchezza e la propria posizione sociale, convinto di emanare fascino e suscitare invidia, ma poi del tutto incapace di affrontare con maturità gli ostacoli che gli si parano davanti. Tutto ciò non può far altro che allontanare nel lettore qualsiasi sentimento di comprensione e indulgenza. Ma anche gli altri personaggi non brillano per virtù e simpatia: i bambini piagnucolosi e viziati, la moglie avara, altera e paranoica che vede antisemitismo ovunque, gli amici ipocriti, l'avvocato avido e senza scrupoli, la bimba subdola e manipolatrice. Insomma, non si salva nessuno. Anzi, si salverebbe la prosa, curata ed elegante, se non fosse al servizio di un eccesso di banalità, luoghi comuni e parolacce che sembrano buttate lì solo per fare scena. Poco brillante infine l’idea di chiudere il libro con un inutile e per niente invitante “Continua…”.
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