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Anno edizione: 2020
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Anno edizione: 2019
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L’affascinante affresco di un Portogallo chiuso, dolente e tragicamente arretrato, che Romana Petri ha dipinto in Ovunque io sia, torna ampliato e completato in questo romanzo che ha una vita propria ed indipendente ma che farà anche la gioia di chi ha letto il romanzo precedente (brevemente riassunto e raccontato in maniera ordinata da Rita nelle mail a Vasco). Questa volta, la prospettiva è quasi esclusivamente quella di Vasco, ma durante i pranzi che scandiscono il fluire del tempo e la progressiva disintegrazione di questo rito, che senza Maria do Ceu perde anche quel minimo di senso che aveva avuto fino alla sua morte, i punti di vista passano da commensale a commensale. Il precario e falso equilibrio della famiglia è del tutto distrutto dalla comparsa di Luciana Albertini, che è un personaggio totalmente fuori dalle logiche della società portoghese e che progressivamente si impossessa dell’essenza di ciascuno dei membri della famiglia fino a farne dei ritratti perfetti e impietosi, descritti con grande efficacia nel romanzo. Attraverso la memoria, i personaggi si arricchiscono di sfumature nei dettagli, ci sono momenti di sorpresa, di scoperta, niente è stereotipato e ci sono passaggi in cui il lettore è costretto a chiedersi se non esistano in realtà delle attenuanti, o se non ci si debba sforzare di comprendere anche chi è meschino e arido. La profondità psicologica dei personaggi, che Petri costruisce con una lingua di notevole spessore letterario e sempre vivace, sostiene la struttura del romanzo: una serie di tableaux vivants che alla fine diventano davvero dei quadri, fissati nelle opere pittoriche dell’Albertini, ma anche intrappolati dalle parole di Vasco attraverso i ricordi che raccoglie per la madre. La memoria, la salvezza dall’oblio, è il motore che muove tanto l’azione di Vasco che quella dell’Albertini. Vasco, Rita e l’Albertini si occupano di strappare persone, eventi, identità allo scorrere inesorabile del tempo che travolge e cancella. Sulla loro positività si stagliano personaggi odiosi, in primis Tiago che non è in grado di cogliere la complessità della vita né delle persone che lo circondano. La maternità, il potere dell’arte (parola o immagine), l’elemento non controllabile che entra nella vita (mitologia, superstizione), la forza delle emozioni e la salvezza (per quel che si può) attraverso l’amore, dato e ricevuto, a tutti i suoi livelli, sono le tematiche sottese a questa successione di pranzi mai uguali a se stessi se non nella loro ritualità, che si chiudono con una bellissima accelerazione mentre passeggiamo virtualmente lungo la galleria dei ritratti della famiglia dipinti dall’occhio esterno e quasi olimpico dell’Albertini: un romanzo, insomma, la cui struttura un movimento a spirale verso l’alto, verso il futuro.
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