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Gli organizzatori scientifici della Giornata di studio del 21 Novembre 2009, tenutasi presso la Casa della Cultura di Milano, i quali, in buona parte, lavorano come psicoterapeuti e psicoanalisti, hanno sentito l’urgenza e la necessità di uscire dai loro studi e di confrontarsi pubblicamente sul tema della distruttività e delle dipendenze patologiche, in un’epoca di “traumatismo diffuso” e di passioni tristi, a partire dal tema scientifico di quest’anno che ha riguardato prevalentemente l’elaborazione del lutto e il suo significato nella psicopatologia contemporanea, vista nei contesti terapeutici individuali o di gruppo. Non sfugge infatti come, in un’epoca di forti progressi tecnologici o di creazione di strumenti potenzialmente distruttivi, la civiltà non sembra avanzare sul piano della comprensione dei disagi psicologici, se è vero che i comportamenti autodistruttivi dell’opulenta società occidentale ripropongono il problema di una epidemia silenziosa di giovani. Per tutto ciò siamo anche chiamati alla responsabilità nei confronti delle generazioni future, per come pensiamo intorno ai nostri pazienti, per come interagiamo con essi e per come ci rapportiamo con gli altri saperi. In questo senso, intravediamo una responsabilità generazionale come parte del nostro lavoro continuativo di gruppo fra colleghi che si interroga intorno a come possiamo lasciare in eredità un futuro ai nostri figli di fronte ai mali fisici, alle guerre, alla devastazione ambientale, alla violenza e alla diffusione delle dipendenze patologiche (da sostanze psicotrope, gioco d’azzardo, sex addiction) in tutti i settori della nostra società. [] La complessità delle tematiche esaminate ha reso indispensabile l’utilizzo, oltre al vertice psicoanalitico, di altri paradigmi esplicativi provenienti dalla letteratura, dalla filosofia, dalle neuroscienze e dalla psicologia. Uno degli obiettivi della nostra giornata di studio è stato quello di promuovere uno spazio di dialogo nel quale anche attraverso il conflitto tra opinioni rivali si produca conoscenza, cioè la capacità di mantenere viva la parola. Il nostro stesso lavoro di analisti nasce come talking cure, come cura attraverso la parola. Quello che si svolge nei nostri studi può pertanto contribuire, almeno in parte, a promuovere, nella nostra polis, un dibattito e un confronto utile alla convivenza civile.
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