Ho acquistato questo libro per fare un regalo a mio padre ma alla fine me ne ha parlato così bene che ho voluto leggerlo anch'io. È un libro emozionante che si legge con facilità e tutto d'un fiato. È stato apprezzato da entrambi.




La vedova scalza
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Anno edizione: 2006

Anno edizione: 2025

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Descrizione
Vincitore premio Campiello 2006
L'autore di "La leggenda di Redenta Tiria" narra la storia di un amore che vive al di là della morte e di una feroce vendetta. Sin dalla prima pagina il lettore si trova immerso in un mondo arcaico e crudele, quello della Barbagia fra le due guerre. È qui che Mintonia e Micheddu si conoscono e si amano con la necessità prepotente ed esclusiva che è propria degli amori infantili. E continueranno ad amarsi anche quando Micheddu dovrà darsi alla macchia, anche quando Mintonia, "femmina malasortata", dovrà vederlo solo di nascosto e passare ore di angoscia a pensarlo braccato.
Tropes e temi
Dettagli
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Autore:
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Editore:
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Collana:
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Edizione:10
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Anno edizione:2006
Indice
Le prime frasi del romanzo:
Me lo portarono a casa un mattino di giugno, spopolato e smembrato a colpi di scure come un maiale. Neanche una goccia di sangue gli era rimasta. Due lados che ad appezzarli non sarebbe bastato un gomitolo di spago nero, di quello catramoso che i calzolai usano per le tomaie dei cosinzos di vacchetta. Il cane girava intorno al nespolo e ringhiava impazzito dalla paura. Lo stesi sul tavolo di granito del cortile, quello che usavamo per le feste grandi, e lo lavai col getto della pompa. Le pispiriste incollate, grumi scuri nel concale, terra e paglia nelle costole, nella vrissura, mosche verdi dappertutto. Pthù! Maledetti siano quelli che gli hanno squarciato il petto per strappargli il cuore con le mani e prenderlo a calci come una palla di stracci! Micheddu, amore meu, che eri buono quanto il Gesù Bambino che svetta sulla cupola della chiesa de Su Rosario, questa balentia qualcuno la pagherà in sonanti, di leppa o pallettoni deve crepare chi ti ha sfregiato così. Su coro glielo sciacquai a parte, in acqua e aceto, poi lo avvolsi in carta oleata e glielo misi sotto il cuscino della bara. Ohi amoreddu meu adorau, già te l'hanno fatta bella a conzarti in questo modo! Che se li porti via la Mama del Sonno quelli che ti volevano male! Lo so che manco le bestie si lavano così, ma io a Micheddu non volevo che altre mani lo toccassero: mio era stato da vivo, mio restava da morto. Prima una metà poi l'altra, a mani nude e a forza di braccia, lo infilai dentro il baule e lo ricoprii con uno dei camisoni di tela di mannai Gantina. Era rigido come un tronco di sughera. A mettergli il vestito di velluto nero, con su grappette e la camicia buona, non faceva. Quelli che lo videro dissero che il lombo destro non era il suo perché l'occhio gli era diventato rosso porporino e lo teneva socchiuso, come per atzinnire alla morte.
Era un'estate mala. Sopra l'altopiano di Monte Leporittu un vento rovente inchiodava l'astore nel nido, il merlo tra i rovi, la colovra tra i giunchi. Il sole sembrava una palla di vetro incandescente, dove toccava bruciava. La campana della chiesa majore aveva iniziato a suonare il memento prima del canto del gallo. Quei battiti lenti e secchi li ricordo come stoccate nel petto. Tàn, tàn, tàn, tàn. Il rumore del bronzo si disperdeva nell'aria portando sempre più lontano l'anima di Micheddu. Il cane si era fermato e scavava col muso una buca nel terriccio delle rose peonie per nasconderci la testa. A Daliu, la nostra creatura, perché non vedesse quello che avevano fatto al babbo, lo prese in braccio tzia Brasiedda e lo portò a casa di parenti, nel vicinato di Sas Istajeras, Via, anima mia, via da questo sciù sciù di fardette e gambali. Via, che non devi respirare questo alito di morte che s'infila tra le nari e scende nei polmoni col suo odore dolciastro di prugne e mirto. Via dai miseri resti di tuo padre, che il ricordo potrebbe piagarti la memoria e farti ammacchiare prima del tempo.
Valutazioni e recensioni
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
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Stefania 17 luglio 2022
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GIOVANNA BIANCO 12 dicembre 2010
Scrive Niffoi una storia di passione e vendetta che si compie in una società chiusa come quella sarda della campagna e del brigantaggio.La protagonista è una donna che per amore vendica la morte del suo uomo ricorrendo all'omicidio e dandosi poi alla latitanza . Lo stile a tratti incalzante e a tratti evocativo unito all'uso continuo del dialetto sardo ci fa entrare in un'atmosfera che a momenti sembra fiabesca e a momenti cruda e violenta.La ricostruzione dell'ambiente contadino è affascinante e i personaggi descritti con maestria ci diventano cari tanto da temere per il loro destino.In conclusione una lettura da non perdere.
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ELEONORA COSTINI 12 agosto 2008
Romanzo intenso, viscerale. Storia di sangue e di terra. Lo stile narrativo impietoso rivela comunque –e per fortuna del lettore– l’amore doloroso di Niffoi per la sua Barbagia che egli non ingentilisce ma esalta attraverso immagini forti e di estrema vitalità, di una bellezza vera e disperata. Lettura non leggera e di facile fascino -non certo perché difficoltosa quanto per l'impegno emotivo che ha comportato almeno a me -, piuttosto cruda e decisamente travolgente.
Recensioni
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Conosci l'autore

Salvatore Niffoi
1950, Orani (Nuoro)Scrittore italiano, ex insegnate alla scuola media. Come narratore esordisce per Il Maestrale nel 1999 (Il viaggio degli inganni), dopo aver pubblicato nel 1997 a proprie spese il romanzo Collodoro (Edizioni Solinas). Sempre per Il Maestrale sono usciti: Il postino di Piracherfa (2000; tradotto in Francia); Cristolu (2001) e La sesta ora (2003). Nel 2003 per “La Biblioteca della Nuova Sardegna” ha pubblicato La leggenda di Redenta Tiria, ripreso da Adelphi (2005), presso la quale è uscito nel 2006 La vedova scalza (Premio Campiello) e nel 2007 Ritorno a Baraule. Tra i suoi ultimi libri: Il pane di Abele (Adelphi 2009) e Il bastone dei miracoli (Adelphi 2010).
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