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Altro bellissimo libro di Sami Michael, questo bravissimo scrittore ebreo, nato e vissuto in un Iraq, che negli anni cinquanta ha trovato rifugio in una Israele non certo accogliente e ben disposta verso tutti i profughi , soprattutto verso quelli che provenivano da paesi arabi. E così anche in questo romanzo, Sami ci parla della non semplice realtà israeliana, dove non si può parlando di una società dicotomica: non tutti gli arabi o gli ebrei sono ortodossi , ci sono palestinesi israeliani integrati e ci sono palestinesi profughi, ci sono ebrei e arabi militanti comunisti che perseguono un ideale di pacificazione e di convivenza. Ma purtroppo proprio in questo sta la difficoltà; per quanto ci si sforzi, si cerchino punti di incontro, si celebrino matrimoni misti, si allaccino bellissime amicizie, si offra un RIFUGIO a chi è perseguitato, non è possibile non far riaffiorare in ciascuno, proprio nel momento della crisi e del pericolo la diversità. Sono quelle reminiscenze, anche involontarie, che emergono prepotenti, in tutte e due le comunità : comunità entrambe violentate e depredate! Ma il dramma più acuto lo soffrono proprio quelli che come Sami, si sentano ancora metà arabi e metà ebrei e che hanno creduto che una utopia politica li potesse salvare. La sua è una scrittura asciutta ma avvolgente, egli sa capire e trattare la psicologia di tutti i personaggi con delicatezza e pudore, tanto che non c’è protagonista che non emerga dal tessuto narrativo con vivezza ed incisività. Tutti hanno un dramma vissuto e una speranza da coltivare: da Marduch, a Fatchi, da Shula a Shoshana, a Fuad , a Tuvia , per non parlare poi dei bambini!!
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