La Sindrome di Tamerlano raccoglie le opere di alcuni tra i migliori artisti dell’Asia Centrale ma soprattutto pone al centro dell’attenzione la questione del conflitto in un luogo tradizionalmente “caldo”, in un’epoca che vede aumentare senza sosta l’estensione di queste “zone calde”.È ben nota, sin dagli esiti delle avanguardie storiche, la capacità dei linguaggi più audaci di sapere fare i conti con il proprio tempo e di anticiparne persino le dinamiche. Il potere di previsione dell’avanguardia non è stato eguagliato neanche dalle scienze della natura. L’arte migliore sa tracciare le ragioni profonde dei conflitti e non ha mai temuto di prendervi parte. In tal senso la radicalità di alcune opere in catalogo poteva sembrare persino esagerata prima che i recentissimi eventi del Kyrgyzstan, di Andizhan (Uzbekistan) e di tutta la valle di Ferghana ne misurassero la tempestività e la drammaticità. L’arte si conferma un termometro imprescindibile in un mondo attraversato da conflitti inediti e da nuove rivalità imperiali. Si riformulano le alleanze e tutte le “sindromi” del passato, finanche quelle date per estinte, mostrano una certa predisposizione al ritorno e al contagio. In questo contesto, formule multiuso come “globalizzazione dell’arte” sono sempre più scariche di contenuti e si allontanano dalla sostanza del contendere. L’arte contemporanea, sia pure la più disinibita, non è un epifenomeno della storia in atto né il visto d’ingresso nella postmodernità. Non è né buona né cattiva, non asseconda il progresso né lo ostacola ma – al di là del fatto che lo statuto di “progresso” sia ancora condivisibile – può essere uno strumento forte per orientarsi nella geopolitica del mondo contemporaneo.(Enrico Mascelloni e Sarenco)Said Atabekov, Smail Bayalev, Gulnara Kasmalieva & Muratbek Djoumaliev, Alimjan Jorobaev, Rustam Khalfin, Almagul Menlibayeva, Erbossyn Meldibekov, Saken Narynov, Gennady Ratushenko, Georgy Tryakin-Bukharov, Aleksander Ugai & Roman Maskaliev: i principali protagonisti dell’attuale scena artistica centroasiatica affrontano le questioni della violenza e del conflitto, dello sciamanesimo e dell’Islam, delle metropoli già sovietiche e della “steppa eterna” avvalendosi dei media tecnologici come il video e la fotografia, dei materiali tradizionali come il feltro, dei linguaggi canonici come la pittura e la scultura.Attraverso i saggi di Valeria Ibraeva, Enrico Mascelloni e Sarenco, il volume, che accompagna l’esposizione di Orvieto, propone un viaggio attraverso l’arte contemporanea dell’Asia Centrale, un isolato laboratorio in cui la Sindrome di Tamerlano, cioè la conflittualità come principale determinazione del mondo contemporaneo, è affrontata con una radicalità ed una tensione poetica che ha pochi paragoni altrove.Orvieto, Centro Espositivo Palazzo dei Sette9 luglio 2005 – 2 ottobre 2005
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