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Anno edizione: 1997
Anno edizione: 2014
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L’arte di Faulkner fu grandissima non solo in vasti e dilaganti romanzi come Luce d’agosto o Assalonne, Assalonne!, ma anche in certi racconti brevi e asciutti, di memorabile intensità. Storie di donne del profondo Sud, oscillanti fra la nostalgia, la follia e il noir – ritratti in cui è incisa la cifra di uno scrittore di prodigiosa potenza. Questo libro ne raduna tre, Una rosa per Emily, Miss Zilphia Gant e Adolescenza, assumendo come titolo quello del più celebre di essi, che per molti è diventato il simbolo della narrativa di Faulkner, ossessivamente legata all’evocazione di un mondo svanito, quale appare a uno sguardo solitario, celato dietro la scena: «Di tanto in tanto la vedevamo a una delle finestre del pianterreno – aveva evidentemente chiuso il piano superiore della casa –, simile al busto scolpito di un idolo in una nicchia, che ci guardava oppure non ci guardava, era impossibile dirlo. Così passò da una generazione all’altra, amabile, ineluttabile, impervia, tranquilla e perversa».
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Il libro raccoglie tre racconti di Faulkner: "Miss Zilphia Gant" del 1932, "Una rosa per Emily" del 1931 e "Adolescenza", pubblicato postumo nel 1979, tutti imperniati su notevoli personaggi femminili. Pensavo di trovare uno stile simile a quello de "L'urlo e il furore" (che è del 1929) e invece manca quella parte in qualche modo sperimentale, da avanguardia direi, che caratterizza il romanzo (che è meraviglioso e consiglio a chi non l'ha letto). Resta il classico stile asciutto e fortemente ellittico dell'autore, profondamente americano nel modo di inquadrare i fatti e raccontare le vicende, che colpisce sempre per la capacità di ruotare intorno alle cose quasi senza toccarle: il fatto principale, in ognuno di questi racconti, resta praticamente non raccontato, lo scopriamo solo mettendo in fila i fatti e collegando gli elementi comparsi durante lo svolgimento. Detto così sembra un procedimento astruso e invece è un meccanismo che funziona alla perfezione, donando ai racconti una leggerezza e allo stesso tempo una forza davvero notevoli. I personaggi si muovono sullo sfondo di un'America di inizio secolo povera e semplice, idealizzata e già scomparsa, con storie all'apparenza facili che nascondono però una fortissima tensione e una violenza sempre pronta a esplodere. C'è una potenza nella narrativa di Faulkner che mi colpisce sempre moltissimo, una rabbia di fondo estremamente lucida, capace di riassumere un mondo in poche frasi e di farci capire le cose profonde quasi senza dircele. I racconti sono tutti molto belli e, ognuno a modo suo, sorprendenti. Forse quello che ho preferito è "Adolescenza", per alcuni versi più banale degli altri ma molto poetico nella creazione del bellissimo personaggio di Juliet. Per concludere: chi conosce già l'autore troverà una felice conferma, gli altri ne potranno scoprire lo stile in modo semplice e immediato.
Dei tre racconti l’ultimo, “Adolescenza", è quello che mi è piaciuto di più, per la sua disperazione latente, per le descrizioni del paesaggio e del divario generazionale, per il ritmo della narrazione, per le ultime due pagine, semplicemente meravigliose. Bravissimo Faulkner, una scrittura meravigliosa, efficace, intensa che riesce a catturare immediatamente l'attenzione e a non mollarla più fino alla fine. Una scrittura espressiva, tutt'altro che complessa anche se mai banale, che lascia alla fine un sapore amaro di solitudine e desolazione.
Tre racconti. Tre racconti di William Faulkner - “Miss Zilphia Gant”, “Una rosa per Emily” e “Adolescenza” - e immediatamente si viene risucchiati nel mondo del (più) grande scrittore americano. La mitica contea di Yoknapatawpha non viene mai espressamente citata, ma è ovvio che le tre storie si svolgono lì, in quel sud brutto, sporco e cattivo ma ribollente di passioni feroci e granitica ostinazione. Tutti e tre i racconti hanno per protagoniste altrettante donne: di Zilphia Gant seguiamo l’intero percorso di vita, da quando era una bambinetta di un paio di anni fino all’età matura, la vicenda di Emily parte dal suo funerale per fare un po’ avanti e indietro, mentre di Juliet spiamo la sua adolescenza ribelle perché incompresa. Tre storie sulle quali nulla voglio aggiungere ma che lasciano il segno. Dico soltanto che dei tre racconti il mio preferito è stato il terzo, anche se il finale de “Una rosa per Emily” è di quelli che lasciano a bocca aperta… e sì, quello è un finale che può capitare soltanto lì, a Yoknapatawpha.
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