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Se qualcuno mi chiedesse di consigliargli un libro sul dolore di due genitori che perdono una figlia io farei il nome di "Sopravvissuti" di Vincenza Alfano, un romanzo di novanta pagine all'interno del quale c'è tutto: l'incredulità di fronte alla morte, la solitudine di chi resta, gli amici che non sanno come starti vicino, il mondo ti crolla addosso, la vita che nonostante il dolore continua ad andare avanti. È difficile classificare un'emozione, così come misurarla, e questo presupposto ci invita a sospendere il giudizio in merito al dolore di Mara e Alfredo, i due genitori che in una normalissima mattina di marzo scoprono guardando il telegiornale che la loro figlia, in Erasmus a Taragona, è morta insieme ad altre ragazze in un incidente d'auto. Troppo freddo lui? Troppo sentimentale lei? C'è chi vive di più rispetto a un altro il dolore? Domande che rimangono sempre senza risposta, ed è giusto che così sia, perché chi decide di venderti un termometro delle emozioni ti sta truffando. Ci sono solitudini diverse, così come diversi modi di convivere con l'assenza, e di trasformare chi non c'è più in una presenza confortante. È difficile trattare in così poche pagine la forza distruttiva e trasformatrice della morte di chi amiamo, e l'unico modo per riuscire a farlo bene è scriverne senza enfasi. L'autrice ci riesce. "Sopravvissuti" infatti non commuove, non intenerisce, non rattrista. Semplicemente si fa leggere. Ci interessa. Ci interessa perché è un bel libro, perché è scritto bene, perché le parole sono giuste, suonano bene, le frasi sono ben legate tra loro. A pagina 69 Mara entra nella stanza di Camilla, ha bisogno di andare dove lei stava sempre e ora non c'è più. "Era andata lì per questo: per sentirsi sconfitta". In questa frase ci sono la sofferenza, l'arrendersi a essa, la volontà di viverla appieno perché solo così si rinasce. Sentirsi sconfitti per potere ripartire. Il romanzo vale già solo per queste parole.
Si può riuscire a raccontare il dolore innaturale per la perdita di un figlio? E ancora. Si può fare all’interno di un’opera breve che, in quanto tale, deve essere efficace nelle poche pagine che la compongono? E’ quello che prova a fare Vincenza Alfano in questo libro di esordio: Sopravvissuti. Partendo da un fatto di cronaca realmente accaduto, la scrittrice racconta il viaggio nell’inferno del dolore di Mara e Alfredo, coppia borghese di mezza età del Vomero, che perdono la loro unica figlia: Camilla. L’elaborazione di una perdita non è un cammino sempre prevedibile. Il lutto, quando è “risolto”, è frutto di un viaggio spesso accidentato attraverso le varie fasi che lo compongono. Smarrimento, disperazione, tristezza, senso di abbandono e solitudine costituiscono tante sfaccettature che accompagnano la vita di chi resta. Un gradino in più verso l’abisso è costituito, però, dalla morte di un figlio, più o meno inaspettata o prematura che sia. E’ talmente innaturale, infatti, che in nessuna lingua esiste un termine che la descrive. Il focus del racconto è incentrato sulla figura di Mara, protagonista suo malgrado.Mara e il suo sesto senso di mamma. Mara e la sua paura di non ricordare la voce o l’odore, l’essenza vera di sua figlia. Mara che va in mille pezzi ma che dopo la perdita, con un percorso travagliato, arriva all’accettazione di quanto accaduto e, per sopravvivere, trova un nuovo equilibrio nell’aiutare gli altri. E Alfredo? Molte volte una coppia riesce a sopravvivere e superare insieme momenti tragici, non è però questo il caso. Loro si erano spezzati prima della morte di Camilla, l’unica che li teneva insieme. Il peso degli anni di matrimonio, caratterizzati da vicende dolorose e omissioni, li aveva schiacciati, divisi, allontanati. Il lutto è la miccia che fa precipitare una situazione già compromessa dopo anni d’incomprensioni e insoddisfazioni reciproche. Sopravvissuti è un romanzo di dolore, ma al contempo anche di forza e speranza in un futuro più luminoso. Con una scrittura fluida, personaggi credibili e pagine che si susseguono veloci, Vincenza Alfano ci accompagna attraverso una storia di rinascita anche se con dei limiti. Il primo è, forse, la prevedibilità nel voler descrivere, quasi unicamente, il percorso di dolore di Mara, come se le emozioni dilanianti che suscita la perdita di un figlio appartenessero soltanto al genere femminile, in questo caso alle madri. L’intento era forse rilevare come le donne abbiano più forza d’animo? Siamo sicuri che anche questo non sia uno stereotipo? Il secondo limite, che deriva dal primo, è il titolo fuorviante: sicuramente sopravvissuta è Mara ma Alfredo? Non c’è dato saperlo. Per leggere passi dal libro ---> https://vitechesonolatua.wordpress.com/2020/11/20/vincenza-alfano-sopravvissuti/
Sopravvissuti e' un libbricino piccolo piccolo, un racconto lungo, un grumo di emozione. Gli scrittori dicono che non sia facile scrivere un racconto, perche' e' necessario radunare tutta l'energia in un gesto che, per riuscire, deve essere efficace: e' come scagliare una freccia contro un bersaglio. Ecco: Sopravvissuti ha colpito il cuore del bersaglio, e il mio. La storia inizia con una fine e finisce con un inizio. Dentro ha il vuoto, un senso di vuoto che ha la necessita' di riempirsi di presenze, reali, come quei ragazzi che ogni giorno animano la scuola, che diventa " anestesia dal ricordo", o immaginate, ma comunque consolatorie. Sopravvissuti e' il racconto di come si pensa di non sopravvivere e, invece, si sopravvive, e' perche' la vita per un tempo aspetta, ma poi ti chiede di ricominciare, e tu, dopo aver accarezzato le tue cicatrici, accetti. #libriinlibreria
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