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Cantautore, poeta e critico letterario tra i più significativi della cultura tedesca contemporanea, figlio di un ebreo comunista morto ad Auschwitz, Wolf Biermann emigrò volontariamente a Berlino Est presto passando a contestare il regime comunista, che lo ripagherà privandolo della cittadinanza mentre è in tournée all'Ovest. Nel suo stile provocatorio, divertente e paradossale che lo ha reso famoso, citando canzoni e poesie sue e di altri autori contemporanei (ma non mancano le incursioni nel repertorio dei classici antichi e moderni), il poeta chansonnier racconta i rovesciamenti dei nostri anni attraverso le amicizie, i tradimenti e le delusioni di chi, in fondo, è straniero dovunque, e attraversa questa nostra Europa armato di musica e poesia, ma ovunque inseguito dal fantasma dell'ipocrisia di vati e di retori che troppo spesso si rivelano servi. Divertenti e indignati, crudeli e commoventi, i testi di Biermann - due dei quali sono lezioni di un ciclo tenuto dall'artista alla Heinrich-Heine-Universität di Düsseldorf - attraversano la poetica, la scrittura e la filosofia di questi anni e ricostruiscono in controluce l'autobiografia di un autore «diverso», solitario e altero.
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