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Originale la trama. Scorrevole lo stile di scrittura. Ma la fine è precipitosa
La voce narrante è quella dell'anonima protagonista, una ragazza di ventun anni cui la punta dell'anulare le è stata strappata dal nastro trasportatore presso la fabbrica di gazzosa in cui lavorata. A un anno dall'incidente, la ragazza trova lavoro come segretaria presso il singolare laboratorio del signor Deshimaru. A quest'ultimo, i clienti affidano oggetti di ogni genere affinché possa trasformarli nei cosiddetti "esemplari". Custoditi in una particolare soluzione, dentro apposite provette meticolosamente catalogate e archiviate, gli "esemplari" non sono altro che oggetti cui sono legati ricordi dai quali i clienti desiderano separarsi; ricordi che non vengono distrutti, ma semplicemente "imbalsamati", lasciando ai proprietari la possibilità di tornare a guardarli quando vogliono. A differenza loro, però, la protagonista non ha idea di che fine abbia fatto la punta del suo anulare. Il laboratorio occupa gli ambienti di un ex-pensionato femminile. Il seminterrato, gli incontri amorosi col signor Deshimaru nelle vasche vuote del bagno comune, l'intera ambientazione è intonata a un'atmosfera cupa e inquieta, affine alla dimensione del ricordo traumatico. Tra la ragazza e il signor Deshimaru si instaura presto una relazione fisica con tratti feticisti (lui le dona un paio di scarpe che le vieta di sfilarsi). Ho già avuto modo di apprezzare l'autrice, ma la lettura de 'L'anulare', dapprima intrigante, si è rivelata deludente: la trama mi è parsa in certo modo incompleta, fatta di eventi e personaggi transitori e assemblati in modo confusionario e irrisolto.
Un racconto molto breve che ti prende e si fa leggere tutto d'un fiato ma che allo stesso tempo ti lascia spaesato. Mi è piaciuto e lo consiglio.
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