Questo romanzo è pregno della nostalgia di chi ha lasciato un paesino rurale nella miseria per far fortuna: quel paese rimane radicato nel petto e non si riesce ad allontanarlo, anzi esso attrae e chiama il ritorno come una calamita. Questo libro però piantato in quella terra che non cambia, ma che ha fatto da spettatrice agli uomini e alle donne che sono cambiati, hanno vissuto, hanno visto e subito la guerra, sono morti. La terra descritta da Pavese è quella costante che vede il cambiamento passare, senza mai mutare sé stessa, come i modi di fare di chi la lavora, come la luna e i falò. E un libro che ha bisogno del suo tempo, come Anguilla per confrontare passato e presente; è un libro che ti prende per mano e ti offre un po'di schietta saggezza e di verità nuda e cruda, come Nuto. Assolutamente da leggere.
