Leggendolo, ho riscontrato, benché in una loquela antica, una disperazione che immagino possa percepire ancora chi è travagliato tra l'insensatezza della crudeltà umana e l'avversità che ha il mondo per il ravvedersene, anche quando questa dinanzi appare. Questo sentimento ho provato leggendo il diario del letterato S. Pellico, figura spesso ombrata dai corsi di letteratura delle scuole pubbliche, ma che invece meriterebbe d'essere ripresa maggiormente per la consapevolezza che in grado di trasmetterti: ossia di chi affronta la prigione per essere un libero pensatore in primis; ma anche per chi apprende, tra gli ultimi, d'un sistema complesso, vissuto da menti che si ostinano spesso a ridimensionarlo per semplicità, arrogandosi il diritto di infierire sugli altri come prova del loro essere visibili, benché mera illusione, Scorrevole e analitico su d'ogni esperienza vissuta in cella, merita affatto.
Le mie prigioni
Scritto nel 1832, due anni dopo la liberazione di Pellico dalla fortezza dello Spielberg in Moravia, Le mie prigioni è stato uno dei libri di formazione per la coscienza dell’Italia appena unificata. Silvio Pellico era stato amico di Foscolo e Manzoni, direttore della rivista “Il Conciliatore”, promotore del Romanticismo in Italia e fervente patriota. Ma la lunga detenzione gli permise di rileggere la propria vita come un percorso esemplare, in cui la ricerca affannosa di un motivo interiore prese il sopravvento sulla dimensione pubblica. La fulminea prefazione di De Rienzo ci riavvicina a quest’opera, illuminando le contraddizioni del suo autore ma soprattutto dei suoi lettori di allora.
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Edizione:1
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Anno edizione:1984
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Luigi 03 marzo 2022Profondo
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