Dagli anni trenta a oggi
Nasce il romanzo regionalista del Nordest, con i nomi di José Lins do Rego e il suo ciclo «della canna da zucchero»; Graciliano Ramos, narratore secco e impegnato; Jorge Amado, cantore di Bahia in una saga che dal forte impegno sociale dei primi romanzi passa alla levità sorridente delle prove più recenti, da Gabriella, garofano e cannella a Tocáia grande. Fino a che con João Guimarães Rosa la prosa regionalista (Grande sertão) si frange nel tentativo poetico espressionistico di creare una nuova «lingua brasiliana». Dal canto suo la poesia tocca vette universali con voci come quelle di Jorge de Lima, che passa dal tema negro all’epopea di Invenzione di Orfeo; di Murilo Mendes, poeta apocalittico di ispirazione cristologica; di Carlos Drummond de Andrade, poeta dai toni ora lirici ora ironici, di grande sapienza stilistica; di Vinicius de Moraes, che coniuga in maniera originale poesia e musica popolare; di João Cabral de Melo Neto, rappresentante di una «generazione del ’45» impegnata sia sul piano estetico che sul piano sociale; fino ai nuovi esperimenti vanguardistici della poesia concreta (1956) e della poesia stradaiola.
Nuovi cammini letterari si aprono con il romanzo sociale di Antônio Callado, con il romanzo sperimentale, di Clarice Lispector, Osman Lins, Autran Dourado, e con il racconto a sfondo urbano (Rubem Fonseca, affermato giallista), spesso ambientato a San Paolo, o suburbano (Fernando Bonassi). Alla fine del Novecento, il romanzo brasiliano ha approfondito numerosi filoni (indianista, ecologista, intimista, storico ecc.), ma è spesso nella misura del racconto che si svela l’originalità della nuova narrativa. Fra i molti autori, si ricordano: Darcy Ribeiro, Dalton Trevisan, Raduan Nassar, Nélida Piñón, Luiz Antonio de Assis Brasil, Márcio Souza, Ana Miranda, Hilda Hilst. Fra sperimentalisimi e tendenze più liriche, fra quotidianità e ricerca classicista, i poeti più apprezzati da critica e pubblico sono Manoel de Barros, Ferreira Gular, da molti considerato l’ultimo grande poeta brasiliano, Adélia Prado.
Tra gli autori popolari degli ultimi decenni ricordiamo Paulo Coelho, Chico Buarque, la giallista Vilshöfer Claudia, Adriana Lisboa, Luís Fernando Verissimo (figlio dello scrittore Erico Verissimo).
Dal romanticismo al modernismo
Nell’Ottocento, con D.J. Gonçalves de Magalhães (1811-82), si registra l’introduzione in Brasile di forme nuove e più libere di poesia. Tra i prosatori, José Martiniano de Alencar (1829-77), che introdusse nel romanzo il personaggio indio; e soprattutto Joaquim Maria Machado de Assis (1839-1908), la figura più prestigiosa della narrativa brasiliana. Autore di romanzi percorsi da sottile pessimismo è A. Azevedo (1857-1913), la cui prosa è caratterizzata da una stretta osservanza naturalistica. Il secolo si chiude all’insegna, da un lato, del parnassianesimo, con la triade formata da A. De Oliveira (1857-1937), R. Correia (1859-1911) e O. Bilac (1865-1918), e, dall’altro, del simbolismo, con il «cigno nero» João da Cruz e Sousa (1861-98) e il mistico A. de Guimarães (1870-1921). Nasce anche la prosa regionalista, al nord e al sud del paese, dove João Simões Lopes Neto (1865-1916) fissa in tradizione i suoi Racconti gaucheschi (1912). Mentre Monteiro Lobato (1882-1948) stilizza i personaggi dell’indio degenerato, Euclides da Cunha (1866-1909) trasforma un’inchiesta giornalistica in un classico sul problema del desertico interno del Brasile (Os sertões, 1902). Nascono il romanzo psicologico (Raul Pompéia), il romanzo sociale (Afonso Henriques de Lima Barreto), il romanzo filosofico (José Pereira da Graça Aranha). Nel 1922, a San Paolo, esplode, con la «Settimana di Arte Moderna», il modernismo brasiliano, avanguardista e antieuropeo: si affermano personalità come quella di Mário de Andrade, autore della «rapsodia romanzesca» Macunaíma (1928), Oswald de Andrade, inventore del movimento dell’«antropofagia» (1928), che avrà la sua bibbia nel Cobra Norato di Raul Bopp e Manuel Bandeira, poeta modernista di vena crepuscolare.
Dal cinquecento al settecento
Se il simbolico atto di nascita della letteratura brasiliana si indica nella lettera con cui Pero Vaz de Caminha, scrivano di bordo dell’armata di Cabral, diede notizia al sovrano portoghese del ritrovamento della nuova terra (Notizia della scoperta del Brasile, aprile 1500), la prima figura di qualche rilievo della letteratura brasiliana è José de Anchieta (1534-97), l’«apostolo del Brasile», cui si devono, oltre che la prima grammatica del dialetto tupí, alcuni testi teatrali plurilingui (latino, portoghese e tupí) e numerose liriche religiose. Accanto a lui, si ricordano alcuni cronisti delle scoperte, religiosi e laici. Il primo uomo di lettere nato in Brasile è B.T. Pinto (1545-1620), autore di un poema apologetico, Prosopopea, ispirato a Camões. Nel Seicento barocco primeggiano, nella poesia, il baiano G. de Mantos Guerra (1633-96), e nell’oratoria il gesuita portoghese padre António Vieira (1608-97). Il Settecento è legato strettamente alle varie correnti europee (accademie, imitazione dell’Arcadia, cultura scientifica e storica). Tra gli scrittori di questo periodo, Sebastião da Rocha Pita (1660-1738), autore della Storia dell’America portoghese, e Nuno Marques Pereira (1652-1728/31), autore del Pellegrino dell’America. Un posto a sé occupa l’«Arcadia Ultramarina» finita tragicamente con la congiura antiportoghese dell’«Inconfidência mineira» (1789).